Batteria a idrogeno: la nuova rivoluzionaria tecnologia per le auto

M Magarini
Batteria a idrogeno

I chimici dell’Istituto Leibniz per la catalisi, LIKAT, insieme alla società Apex, stanno sviluppando un sistema catalitico che immagazzina idrogeno e può rilasciarlo nuovamente in una forma altamente pura secondo necessità. Questa soluzione, che i ricercatori chiamano “batteria all’idrogeno”, potrebbe essere un’importante alternativa allo stoccaggio per il funzionamento delle celle a combustibile nei veicoli.

Batteria a idrogeno: che cos’è, i possibili impatti sull’automotive

Batteria a idrogeno

L’industria automotive si affida tuttora principalmente allo stoccaggio in serbatoi ad alta pressione, in cui l’idrogeno gassoso viene immagazzinato in contenitori appropriati fino a 700 bar o, liquefatto, a una temperatura estremamente bassa (-253 gradi Celsius). Per entrambi i metodi è di conseguenza complessa l’applicazione nella mobilità. Inoltre, si ricorre pure al processo di catalisi in un mezzo di trasporto liquido o agli idruri metallici. Per questioni tecniche, tuttavia, le idee non sono adatte al contesto, ad esempio sulle auto a celle a combustibile.

Con la “batteria all’idrogeno”, i ricercatori stanno ora sondando strade mai prima battute. I chimici hanno scelto il termine batteria per la capacità di essere caricata e scaricata più volte. Ma invece dell’elettricità, viene “riempita” con idrogeno, che si può dunque restituire se ve ne è l’esigenza.
Secondo la pubblicazione del team diretto dal Dr. Henrik Junge (LIKAT) sulla rivista Nature Energy – e condivisa da Auto Motor und Sport – i test hanno usufruito dell’acido formico e i suoi sali, i cosiddetti formiati.

SUV ad idrogeno anteriore

Per “riempirla”, i ricercatori utilizzano l’anidride carbonica dell’atmosfera terrestre e l’amminoacido L-lisina, nonché un complesso di manganese auto-sviluppato come catalizzatore. Dunque, non sono richiesti metalli preziosi, a differenza delle piste vagliate in passato.

Quando l’idrogeno viene recuperato dai formiati, l’anidride carbonica utilizzata per lo stoccaggio viene rilasciata di nuovo. Il segreto è che lo staff lega la CO2 a un comune amminoacido presente in natura. Oltre che a titolo temporaneo, il sistema sarebbe, ad esempio, impiegabile per i camion a lunga percorrenza, avendo il vantaggio di essere meno impegnativo dei serbatoi ad alte e basse temperature.

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