Basta dare un’occhiata a qualsiasi concessionario per rendersene conto. Giudicatelo da voi: le auto moderne sono dominate dagli schermi e questa strada sembra imboccata per tornare (difficilmente o raramente) sui propri passi. Non importa se si tratta di una city car sotto i 20.000 euro o di una super-SUV da 200.000: oggi tutto deve lampeggiare e rispondere al tocco. È la nuova corsa all’oro dell’automotive, anzi, ai pixel.
Il caso più eclatante e anche il più recente è la nuova Porsche Cayenne Electric, una vera e propria astronave su ruote. Il conducente ha davanti un display OLED curvo, un gigantesco touchscreen da 14,25 pollici al centro e persino un head-up display con realtà aumentata da ben 87 pollici che si estende sul parabrezza.

E se pensi che il passeggero sia lì solo per godersi il panorama, ti sbagli: anche lui ha il suo schermo personale da 14,9 pollici per lo streaming video o per litigare con il navigatore. E non manca l’assistente vocale AI, chiavi digitali condivisibili e “Mood Mode” che adattano luci e clima al tuo umore.
Più schermi significano davvero più qualità? Sembra si sia arrivati a una dotazione “minima” che deve poter mettere davanti alle facce dei nuovi acquirenti automobilisti (almeno) uno schermo. Quello che ieri era lusso oggi è standard, e domani diventerà noiosamente economico. Lo stesso tipo di display che ora fa brillare una Porsche potrebbe presto comparire in una city car elettrica cinese da 10.000 euro.

Alcuni marchi, come Bugatti, però, non ci stanno. E certo, potremmo dire: non stare nello “standard” fa praticamente parte del DNA di brand i questo tipo. Hanno deciso di tornare al fascino degli strumenti meccanici, come nella Tourbillon, dove ingranaggi e precisione artigianale sostituiscono l’ennesimo display touch. Anche Rolls-Royce, con la sua Spectre elettrica, ha dimostrato che i comandi fisici non sono affatto obsoleti: anzi, hanno più anima.
Gli orologi digitali sembravano portare con sé il futuro quando arrivarono negli abitacoli delle auto, almeno finché non li ebbero tutti. Poi il fascino dell’orologio meccanico tornò in auge, proprio perché unico, tangibile. E forse lo stesso destino attende i cruscotti delle auto. Perché gli schermi sono utili, va bene, ma il vero lusso non è guardare cinque schermi contemporaneamente: è sentire i comandi sotto le dita.