Quello in atto sembra essere un vero e proprio intervento di emergenza. Le principali istituzioni bancarie cinesi stanno cercando di arginare i danni generati da una strategia industriale sbilanciata promossa da Pechino. Ancora una volta, al centro della crisi c’è il comparto automobilistico, destabilizzato dall’eccessivo supporto statale a un solo attore dominante, BYD.
L’inondazione del mercato da parte del colosso dell’elettrico ha provocato un eccesso di offerta, un crollo dei prezzi e un azzeramento della concorrenza. A pagarne il prezzo più alto sono le concessionarie, strozzate da margini sempre più sottili, costrette a vendere sottocosto, al limite della sostenibilità. Questo scenario è il risultato diretto di una politica che ha premiato un solo “miracolo industriale”, BYD in sostanza, penalizzando il resto dell’ecosistema. In risposta, alcune banche cinesi stanno sostenendo attivamente il settore.

Istituti cinesi come China Everbright Bank e Henan Rural Commercial Bank hanno avviato misure straordinarie, sospendendo o annullando gli oneri finanziari associati ai prestiti nel comparto auto. Tra le iniziative adottate si notano il congelamento degli interessi sui finanziamenti, l’azzeramento delle commissioni e la revisione delle condizioni creditizie. Il tutto per dare ossigeno alle case automobilistiche e ai rivenditori soffocati dalla concorrenza interna.
C’è sempre il rovescio della medaglia: queste manovre potrebbero scontrarsi con i vincoli normativi imposti dalle autorità di vigilanza bancaria, che stabiliscono soglie minime per le commissioni su prestiti. Inoltre, il taglio dei profitti potrebbe pesare sui bilanci delle banche stesse. Ma l’urgenza di preservare la competitività dell’industria dell’auto sembra avere la priorità.

Parallelamente, anche altri settori chiave della manifattura cinese mostrano segnali di crisi. L’industria dell’acciaio, ad esempio, è in forte contrazione. Secondo i dati ufficiali del National Bureau of Statistics, la produzione siderurgica ha subito un calo del 6,9% a maggio 2025, rispetto allo stesso mese dell’anno precedente, fermandosi a 86,55 milioni di tonnellate. È il secondo mese consecutivo di flessione, nonostante i piani di ristrutturazione annunciati a marzo. Nei primi cinque mesi dell’anno, la produzione complessiva è scesa dell’1,7% su base annua, toccando quota 431,63 milioni di tonnellate. Un dato che conferma una congiuntura delicata anche per il comparto siderurgico.