Mentre si discute molto di auto elettriche e mobilità sostenibile in Europa, sull’UE si riversa un vero e proprio ciclone. Si è infatti dimesso Thierry Breton, commissario al Mercato Interno e all’Industria indicato dalla Francia. Una decisione, quella da lui presa, che rischia di far deflagrare una situazione già molto tesa e aumentare il discredito sulle istituzioni continentali.
A motivare Breton, infatti, è la polemica con la gestione della presidente della Commissione Europea Ursula von der Leyen, accusata è di aver chiesto a Macron di ritirare la candidatura dello stesso Breton per un secondo mandato. Un modus operandi tale da aprire un vero e proprio squarcio sulle azioni della sempre meno popolare numero uno imposta dal PPE ad un’opinione pubblica che ha dimostrato ampiamente il proprio pensiero sull’UE, disertando in maniera massiccia le urne, in molti Paesi.
Thierry Breton accusa la Von der Leyen senza mezzi termini
Le dimissioni di Breton potrebbero dare luogo a una vera e propria scossa tellurica, in una UE sempre più complicata da governare. Soprattutto se lo si fa alla maniera di Ursula Von der Leyen, con modalità che sembrano utilizzate con un semplice scopo: tacitare ogni forma di dissenso interno.
Sino a quando ad essere colpito è una sorta di reietto, come Viktor Orban, il primo ministro ungherese colpevole di cercare di ottemperare agli interessi del proprio proprio Paese, può anche non accadere nulla. Ma se ad essere toccati sono i francesi, come in questo caso, il quadro è destinato a mutare in maniera molto eviedente.
A testimoniare in tal senso è il clamore che sta suscitando la lettera dell’ormai ex commissario europeo pubblicata su X. Al suo interno, infatti, Breton afferma senza mezzi termini che la von der Leyen avrebbe chiesto a Parigi di ritirare il suo nome. Nel farlo, avrebbe non solo espresso ragioni personali, ma anche offerto, come scambio politico, un presunto portfolio più influente per la Francia nel prossimo collegio. Tanto da spingerlo a concludere in questo modo: “Alla luce di questi ultimi sviluppi, ulteriore conferma di una gestione discutibile, ritengo di non poter esercitare più i miei doveri all’interno della Commissione”.
Thierry Breton: cosa potrebbero comportare le sue dimissioni, per l’automotive europeo?
Il vero e proprio terremoto istituzionale arriva in un momento molto particolare, per il settore automobilistico europeo. Ovvero nel pieno della diatriba commerciale con la Cina, a seguito della decisione di apporre ulteriori dazi commerciali alle auto elettriche provenienti da Pechino e dintorni.
Una decisione che ha provocato l’immediata reazione del governo cinese, che sta studiando analoghe contromisure a danno di prodotti provenienti dall’UE. In questa situazione alcuni Paesi europei, in particolare Germania e Spagna, stanno cercando di stemperare i furori ideologici della Commissione Europea. A proporsi in veste di pontiere è soprattutto il primo ministro spagnolo Pedro Sanchez, anche perché proprio il suo Paese verrebbe colpito dai dazi sulla carne suina, di cui è il maggior esportatore europeo.
Per quanto riguarda Breton, il commissario francese si era cercato di barcamenare tra posizioni estreme. In particolare, aveva criticato le modalità con cui è stato declinato il bando delle auto termiche del 2035, affermando in più di un’occasione la necessità di rivedere la strategia dell’Unione Europea. Al tempo stesso, aveva affermato che la situazione critica dell’industria automobilistica europea era da attribuire a responsabilità degli stessi costruttori. Stando al suo parere, non solo avrebbero proceduto con lentezza verso la transizione energetica, ma sarebbero stati incapaci nel convincere i clienti a passare all’auto elettrica.
Neanche una parola di critica, quindi, verso un modello ideologico che non tiene in alcun conto le ricadute sociali di questo genere di politiche. Ad esempio chiedendosi se i costi delle auto elettriche possono essere affrontati da quelle classi popolari che stentano a far quadrare i bilanci familiari a causa di livelli salariali troppo modesti.
Ora comunque, una volta che sarà terminata la buriana sollevata dalla vicenda, non resta che attendere il successore di Breton. Sperando che si tratti di una personalità più cosciente dei veri problemi dei cittadini europei.