BMW rilancia la sfida dell’idrogeno nel settore automotive, ritenendo che il momento sia finalmente “quello giusto” per questa tecnologia a lungo rimasta ai margini. Dopo aver presentato lo scorso anno il prototipo iX5 Hydrogen, spinto da celle a combustibile sviluppate in collaborazione con Toyota, la casa bavarese promette di portare sul mercato un modello di serie entro il 2028. Un passo audace, ma con un grosso punto interrogativo: dove rifornire questi veicoli?
In teoria, l’infrastruttura per l’idrogeno in Europa avrebbe un valore stimato di 77,8 miliardi di euro. In pratica, però, gran parte di questi investimenti esiste solo nei documenti strategici redatti a Bruxelles. Le stazioni di rifornimento attive sono pochissime: circa 100 in Germania, una manciata in Francia, zero in Slovenia. Un quadro tutt’altro che rassicurante per chi sogna di guidare un’auto a idrogeno come se fosse elettrica o termica.

Il vero boom dell’idrogeno, al momento, si registra nei trasporti pesanti, come camion e treni, dove i vantaggi delle celle a combustibile, emissioni nulle, coppia istantanea e silenziosità, si fanno sentire su scala più ampia. Ma per le autovetture private, restano sfide logistiche e tecnologiche: l’idrogeno è costoso, complicato da stoccare e difficile da trasportare.
Al contrario dell’elettricità, che si “preleva dalla presa”, l’idrogeno richiede infrastrutture simili a mini-raffinerie. BMW però non vuole chiudere nessuna porta. L’azienda continua a sviluppare motori termici, amplia la gamma elettrica, con modelli da oltre 1.000 km di autonomia, e ora sperimenta con l’idrogeno.

Una strategia diversificata che il CEO BMW Oliver Zipse difende, affermando che “le regolamentazioni unilaterali portano a vicoli ciechi”. Una dichiarazione che suona come una frecciatina alla transizione forzata verso l’elettrico puro. Tuttavia, finché non sarà realizzata una rete capillare di stazioni di rifornimento, il sogno dell’idrogeno rimarrà più vicino alla fantascienza che alla mobilità quotidiana. D’altronde la wallbox casalinga è ancora una soluzione molto più pratica, rimanendo sulle zero emissioni.