Fabbriche della cinese Dongfeng in Italia: Pechino ci punisce

Ippolito Visconti Autore News Auto
L’Italia dice sì ai dazi e la Cina dice no alle fabbriche nel nostro Paese.
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Stangata di Pechino al governo Meloni: no a fabbriche della cinese Dongfeng in Italia. Motivo: l’esecutivo ha detto sì ai dazi auto elettriche Made in China esportate verso di noi, e così il Paese della Grande Muraglia ci punisce. Non abbiamo scelto una strada: stare con Bruxelles o stare con l’Oriente. La via di mezzo, ossia ok ai dazi e ok alle fabbriche sul nostro suolo, non è praticabile. Bisogna decidersi: o di qua o di là.

Il sogno di 1,4 milioni di veicoli fatti in Italia (un milione da Stellantis e 400.000 dai cinesi) ogni anno entro il 2030 muore. Idem il sogno di un milione. Forse, chissà, viaggeremo attorno a quota 500.000. Da vedere, perché qui le cose si mettono male.

Italia in trappola, c’è poco da fare filosofia. Da una parte, l’Ue accontenta Germania e Francia, e scontenta il nostro governo sui biocarburanti e sulle emissioni; dall’altra, la Cina non ci vuole.

La Cina punisce tutti

I dazi dell’Unione europea sulle elettriche cinesi rischiano di rivelarsi controproducenti per tanti Paesi del Vecchio Continente col cappello in mano affinché un’azienda porti da noi occupazione sia diretta e sia per l’indotto. Secondo indiscrezioni dell’agenzia Bloomberg, Pechino preme sulle sue Case: sospendere le strategie di espansione commerciale e produttiva in Ue. Sì a fabbriche ovunque nel mondo, ma non lì. Le crescenti tensioni commerciali con Bruxelles scatenano la guerra totale per via delle possibili tariffe doganali. Stop alle ricerche di siti produttivi, zero accordi commerciali.

In futuro, si vedrà. Tu dai una cosa a me (zero dazi) e io do una cosa a te: le mie fabbriche d’oro nei tuoi Paesi alla canna del gas. No, non è un ricatto, non vanno usati paroloni impropri. È politica, in cui vince il più forte, specie se il più debole (l’Ue) viene sbranato dalla tecnocrazia che si basa sul dogma elettrico senza senso. Non solo: l’Europa va male, la domanda di elettrico è imbarazzante, non ci sono colonnine a sufficienza, quelle presenti sono spesso lente e scollegate, inflazione alle stelle, guai legati alla disoccupazione, tensioni sociali in vista nel 2025 con le situazioni delle multinazionali dell’auto da tenere sotto controllo. Pertanto, la Pechino dice alla Case cinesi: alla larga dal Vecchio Continente. Lì si vende e via. Solo attività profittevoli.

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Alla larga dall’Italia che dà l’ok ai dazi

In parallelo, la cinese Changan ha cancellato un evento previsto a Milano per la presentazione delle sue strategie di ingresso in Europa. Chery ha posticipato a ottobre 2025 l’avvio della produzione di veicoli elettrici a Barcellona, sebbene il governo iberico abbia detto no ai dazi. Resta BYD, scatenata in Ungheria, nazione che piace ai cinesi. E poi la Turchia, dove l’azienda di Shenzhen piazzerà addirittura un miliardo di euro per produrre elettriche, in modo da scavalcare i dazi.

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