La strategia elettrica di Ford in Europa è stata rimessa in discussione dalla realtà del mercato, spingendo il colosso americano a una mossa storica e (forse) anche un po’ umiliante. Si avvia così una partnership strategica con Renault. L’obiettivo è ritornare nel redditizio segmento delle utilitarie a prezzi accessibili per ricostruire una quota di mercato precipitata al di sotto del 4%, considerando quel 12% conquistato ormai troppo tempo fa.
La prima novità frutto di questa inattesa alleanza arriverà all’inizio del 2028. Siamo davanti a quello che potremmo definire il successore della popolare Ford Fiesta, ritirata tristemente nel 2023. Questa nuova compatta elettrica sarà strettamente imparentata con la Renault 5 e sarà costruita nello stabilimento ElectriCity di Douai, in Francia. A seguire, è previsto un crossover elettrico derivato dalla Renault 4, possibile erede della Puma.

La scelta di Ford è una bocciatura del costoso piano precedente. Dopo aver utilizzato la piattaforma MEB di Volkswagen per i SUV elettrici Explorer e Capri, le cui vendite talmente lente hanno portato al taglio di 1000 posti di lavoro a Colonia e alla riduzione a un solo turno, Ford ha optato per la piattaforma AmpR per veicoli elettrici di Renault, ritenuta più economica della MEB Entry tedesca.
Nonostante l’uso dell’hardware francese, e quindi batterie da 40 kWh o 52 kWh e motori tra 121 CV e 215 CV, Ford promette che i veicoli saranno altamente personalizzati e manterranno il “design iconico e le dinamiche di guida distintive” tipiche del marchio. Saranno “divertenti, capaci e in pieno spirito Ford”, parole di Jim Farley, CEO di Ford.

Farley non ha mancato di attaccare il clima normativo europeo, definendolo “fuori linea con la realtà del mercato”. Con i prezzi delle auto Ford che partono da oltre 25.000 euro, il ritorno a un modello del prezzo della Renault 5 (appunto circa 24.000 euro) è fondamentale per riconquistare lo status di marchio mainstream.
Farley ha criticato duramente l’attuale quadro di decarbonizzazione e ha chiesto un “reset urgente” delle regole, magari posticipando il divieto di vendita delle termiche dal 2035 al 2040, un’ipotesi che i legislatori Ue stanno seriamente valutando, per evitare che l’Europa diventi “un museo della produzione manifatturiera del XX secolo”.
