L’auto elettrica della sinistra verde fa tremare 13 milioni di lavoratori in Europa

Ippolito Visconti Autore News Auto
Tsunami occupazionale in vista per l’automotive.
auto elettrica

L’Unione europea contava sino a ieri 13 milioni di addetti automotive, specie in Germania, Italia e Francia, fra occupati diretti e indotto. Perché contava sino a ieri? Perché i tagli da parte dei Gruppi auto sono già iniziati, con l’avvento dell’auto elettrica. Imposta dai verdi sinistroidi tedeschi sia nel loro Paese sia nell’Ue, tramite il bando termico 2035 e il Green Deal talebano basato su dogmi e ideologie. Sbandierando la presunta superiorità del full electric a livello ambientale, e “dimenticando” (sbadati) che la batteria da produrre e smaltire devasta Madre Terra, hanno fatto un involontario regalo alla Cina. La quale è padrona della filiera dell’elettrico, delle miniere di litio e cobalto. 

Macelleria sociale

Il primo passo è l’annuncio dei colossi automotive. Troppa offerta, poca domanda. Fabbriche in esubero, lavoratori in eccesso, profit warning. Il secondo passo è la sforbiciata, con scioperi e tensioni. Di qui, il terzo passo, ossia la macelleria sociale: licenziamenti di massa. A cascata, i fornitori dovranno valutare se tagliare a tutto spiano: vedi Bosch, Brose, Continental, Schaeffler e ZF, tanto per iniziare. Con drammi per mutui e finanziamenti, e guai con banche e vari istituti di credito.

Tsunami epocale

Lo tsunami si vede di lontano, con la sua onda altissima. Da agosto 2024 a dicembre 2024, sarà uno stillicidio, un susseguirsi di drammi psicosociali. Ora, i Verdi tedeschi tentano la retromarcia, ma è tardi: i loro seggi sia a Berlino sia a Bruxelles sono sicuri sino a fine mandato, dopodiché avverrà il ricambio generazionale. Si assisterà al fallimento totale e assoluto dell’auto elettrica in Europa. La quale macchina a batteria non ha colpe: di per sé, trattasi di oggetto teoricamente interessante, purché con ecosistema di elevato livello (colonnine pubbliche e private velocissime e diffusissime ovunque), corrente elettrica con prezzi ragionevoli, autonomia delle vetture di 1.000 km veri, efficienza e resistenza della batteria, listini bassi. Siccome tutto questo adesso non esiste, e non esisterà per una trentina d’anni, l’elettrico è adatto a micro spostamenti urbani su mezzi di lavoro. Nulla di più. Il resto, per malafede o ignoranza, viene buttato nelle menti delle persone tramite discorsi altisonanti iper green, filosofia spicciola per fanboy elettrici privi del coraggio di ammettere la sconfitta.

Narrazione sul termico

C’è stata una narrazione molto negativa sull’auto a benzina e diesel, rea di essere il male del pianeta da combattere. È necessario un cambio di mentalità: sì al termico finché l’elettrico sarà così scomodo e poco pratico. L’elettrificazione porta disoccupazione e tensioni sociali. La narrazione edulcorata del termico da maledire e del full electric da benedire ha lasciato spazio ai bulletti in fondo alla classe: dall’alto, fanno cadere tramite i social i loro strali anti veicoli a combustione. È un’induzione al suicidio economico: siccome in Europa il mercato rifiuta le auto termiche, dove i Paesi hanno una supremazia tecnologica, Bruxelles si suicida consegnandosi all’elettrico cinese per amore del globo terracqueo. Dopo però piazza dazi anti Cina, contraddicendo lo scopo iniziale, quello di salvare il mondo. Un giorno, dovranno dirci cosa intendono fare da grandi. Fra l’altro, qui si configura anche un atto lesivo della libera circolazione dei cittadini, che desiderano viaggiare su auto a benzina o diesel: lo dice il mercato, lo dice l’unico sovrano, ossia il consumatore, il quale si oppone alla burocrazia ottusa.

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Incentivi scavalcando i cinesi

Nel loro delirio intellettuale, i politicanti verdi Ue puntano a incentivi nazionali: ecobonus che favoriscano solo i produttori locali di auto elettriche. Sarebbe carino capire da loro come possano mai scavalcare la Cina, regina indiscussa di qualsiasi aspetto delle vetture a corrente: batterie (BYD e CATL, in particolare), litio e cobalto, componentistica varia. Senza contare che Pechino ha già in mente di proporre i propri fornitori, in sostituzione di quelli attuali.

Sarebbe anche ora di farla finita con questa storia che il Dragone è cattivo e noi siamo buoni: piazziamo dazi perché loro barano. Ma chi l’ha detto? È il libero mercato dove c’è la libera concorrenza, e i cinesi sono più forti. La nostra colpa è aver abbassato le difese, spalancando le porte all’ex Celeste Impero.

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