Massimo Artusi, presidente di Federauto si scaglia contro i report impostati così: l’auto elettrica UE è intoccabile e il termico da buttare. E si chiede, in sostanza: chi paga le organizzazioni green per fare questi studi? I concessionari italiani parlano di studi che rivelano solo mezze verità: “Dopo aver contagiato la politica e l’industria”, tutto questo sta ingenerando nella pubblica opinione – e nei consumatori – una confusione che disorienta e danneggia il mercato dell’auto”.
Questione soldi
Artusi accoglie con favore la creazione di un organo di controllo, come richiesto dal Parlamento Europeo, per fare chiarezza sulla modalità di finanziamento da parte della Commissione europea a favore delle organizzazioni autrici di tali ricerche, nella convinzione che attraverso di esso chi ha la responsabilità di tali scelte potrà finalmente giungere ad una individuazione dei soggetti che abbiano la competenza, l’autorevolezza e l’indipendenza per produrre indagini il più possibile oggettive.

Auto elettrica UE flop
Il mercato ci dice, ogni giorno di più che – nonostante le scelte dirigistiche della Commissione europea e il continuo ricorso a incentivi – la vendita di auto BEV non decolla. In Italia 5%, in Europa 17% a maggio 2025. Nonostante i mega sconti anti multe UE. “In conseguenza di ciò il parco circolante invecchia sempre di più con effetti nefasti proprio per quella sostenibilità che si dice di voler difendere. Perché le ricerche targate full electric – nonostante i loro contenuti di parte – sono considerate buone, e quelle del fronte avverso sono tacciate di rappresentare interessi economici, come se dietro il mondo della trazione elettrica non ci fossero altrettanti interessi?”, dice Artusi.
Problema: tali studi non considerano la transizione green dei trasporti in tutti i suoi aspetti, anche economici e sociali, ma si limitano a evidenziare solo i (presunti) benefici ambientali e non le ricadute negative per l’economia, l’occupazione e la società.
Altra questione, continua Federauto: “Le ricerche continuano a negare la validità dei biocarburanti, nascondendo che la loro attuale carenza è almeno pari alla mancanza di infrastrutture di ricarica elettrica e alla produzione verde di elettricità che richiedono – anch’esse – tempo e investimenti per poter servire tutto il mercato”.