L’Ue inasprisce i test: i “falsi verdi” nella classe ecologica delle ibride plug-in

Il futuro delle ibride plug-in in Europa è appeso a un filo. Le case automobilistiche le avevano usate finora come scappatoia.
veicolo ibrido plug-in veicolo ibrido plug-in

A volte l’Europa sa creare complicatissime categorie burocratiche per poi scoprire, con un misto di sdegno e rassegnazione, che consumatori e industria hanno potuto giocare d’astuzia. La grande illusione delle etichette ambientali, in particolare quelle dedicate alle auto ibride plug-in (anche conosciute con la sigla PHEV), è ufficialmente giunta al capolinea. Così, mentre gli acquirenti pensavano di fare una scelta “verde”, spesso stavano solo inquinando con una coscienza più pulita. Questa forse l’unica a esserlo.

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L’idillio tra le ibride plug-in e i loro bassissimi valori di emissioni di CO2 dichiarati è finito, per colpa dei test di omologazione che, con il senno di poi, sembrano scritti, senza mezzi termini, coi piedi. La cruda realtà, confermata da diversi studi, è che le ibride plug-in emettono in media fino a cinque volte di più rispetto ai dati ufficiali. Parliamo di auto omologate per l’equivalente di 28 g/km di CO2 che, nell’uso reale, sputano fino a 139 g/km. Un divario così netto che fa sorgere il dubbio se i test venissero eseguiti con il motore a combustione spento.

peugeot 308 ibrido plug-in
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Perché questo scollamento evidente? I cicli di omologazione, sebbene aggiornati al WLTP, si basavano su un fattore di utilizzo elettrico (il cosiddetto utility factor) che, nella vita quotidiana, non viene quasi mai raggiunto. Molti proprietari, soprattutto quelli con flotte aziendali con carburante pagato, raramente si prendono la briga di ricaricare il veicolo, trasformando di fatto la loro sofisticata PHEV in una normalissima auto ibrida pesante, dato il peso extra delle batterie. Il risultato è un veicolo che consuma più benzina e, di conseguenza, emette molta più CO2 di quanto l’etichetta ambientale verde e rassicurante voglia far credere.

L’Unione Europea, con sufficiente rapidità, non è rimasta a guardare la farsa. A partire dalla fine del 2025, una nuova ondata di standard più severi, inclusa la normativa Euro 6e-bis, cambierà radicalmente i test di omologazione. I nuovi calcoli si avvicineranno molto di più alle condizioni di guida reali, obbligando le case automobilistiche a rivedere i dati e a omologare le PHEV con valori di emissione decisamente più alti. Questo impatterà tutte le auto plug-in esistenti, creando un quadro uniforme e, si spera, meno mistificatorio per gli automobilisti.

veicolo ibrido plug-in

Nel 2027, la normativa sarà inasprita ulteriormente, alzando il limite di riferimento e spingendo le emissioni omologate di alcuni SUV PHEV ben oltre i 120 g/km.

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Il futuro delle ibride plug-in in Europa è quindi appeso a un filo. Le case automobilistiche le hanno usate come scappatoia perfetta per rispettare i limiti di emissione media della flotta. Con la scomparsa del trucco, l’industria è in subbuglio, con associazioni che chiedono all’Ue di “chiudere un occhio” per ritardare i veri investimenti nelle auto completamente elettriche.