Skoda, i dazi non proteggeranno i produttori europei, perché la Cina ha un piano

Dario Marchetti Autore
L’azienda ceca è solo l’ultima voce contraria alle nuove tariffe UE contro le elettriche di Pechino
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Il voto del 4 ottobre da parte dell’Unione Europea sui dazi aggiuntivi che la Commissione intende applicare sulle auto elettriche costruite in Cina, continua a sollevare grande discussione. Anche perché è notizia di oggi che la Cina sta rispondendo colpo su colpo, applicando nuove tariffe non solo verso le auto di grande cilindrata provenienti dall’UE, ma anche sui brandy. Una misura quest’ultima la quale va a colpire in particolare la Francia, che ha votato a favore delle nuove tariffe.

In questo quadro, che appare preoccupante in particolare per i grandi marchi tedeschi (BMW, Mercedes e Volkswagen), si va a inserire una dichiarazione rilasciata da Skoda. La casa ceca, infatti, non ha avuto eccessive remore nell’affermare la totale inutilità delle nuove misure per quanto concerne la difesa dell’automotive europeo. Che è la spiegazione con cui Ursula Von der Leyen ha giustificato i dazi. Ma andiamo a vedere meglio quanto affermato da Skoda.

Skoda: i dazi sono del tutto inutili per difendere il settore automobilistico europeo

Completamente inutili: questo è il giudizio rilasciato da Skoda nei confronti dei dazi emanati dall’UE in aggiunta a quelli già esistenti sui veicoli elettrici prodotti in Cina. Un giudizio che non lascia margini di interpretazione e che suona come una netta sconfessione della linea di scontro frontale adottata da Ursula Von der Leyen e compagni.

Dazi contro le auto elettriche cinesi

Qual è il motivo che ha spinto la dirigenza della casa ceca a fare questa risoluta affermazione? In pratica, le nuove tariffe in vigore dal passato 5 luglio sono destinate a non sortire alcun genere di effetto. A renderle del tutto inutili il fatto che la Cina avrebbe già tutto sotto controllo lungo il territorio continentale.

Ne consegue un risultato paradossale: le case cinesi che sono già presenti non avranno problemi ad aggirare i dazi, mentre altre non ne arriveranno. Il governo di Pechino, infatti, ha già sconsigliato le proprie aziende a investire in Europa. E i consigli dell’esecutivo cinese sono presi molto seriamente dalle aziende, come dimostra il caso di Dongfeng, che ha immediatamente fatto sapere di non essere più interessata alla costruzione di propri siti produttivi in Italia.

L’Europa è divisa, ma nemmeno i dazi possono salvare la situazione

Il risultato della votazione ha visto prevalere i pareri favorevoli, che sono stati 10, contro i 5 contrari e ben 12 astensioni. In pratica una spaccatura del tutto evidente, resa ancora più pericolosa dal no di Germania e Spagna. Mentre Italia e Francia hanno appoggiato la linea della Commissione, pensando in fondo di potersela cavare a buon mercato, considerato che la propria presenza sul mercato automobilistico cinese non è di grande rilievo.

Proprio per quanto riguarda la Francia, va sottolineato che si appresta a pagare comunque un conto salato. Il Ministero del Commercio cinese, infatti, ha chiuso la sua indagine sui distillati provenienti dall’UE affermando che fanno evidente dumping, in Cina. In conseguenza di ciò, dal prossimo 11 ottobre i produttori europei dovranno pagare un deposito pari al 39%.

E a nulla valgono le rimostranze di Valdis Dombrovskis, il responsabile europeo del commercio. Il commissario lettone ha infatti intimato alla Cina di fermarsi, non conoscendo con tutta evidenza il vecchio detto ” a brigante, brigante e mezzo”. Il governo di Pechino si è quindi premurato di tradurlo restituendo il colpo ricevuto.

Il potere politico sembra non capire

Se la votazione avvenuta fornisce alla Commissione lo spunto per lanciare i nuovi dazi quinquennali sulle auto elettriche cinesi, resta l’evidente testimonianza di come il potere politico non tenga più in alcun conto le esigenze delle imprese. Non solo nell’Unione Europea, dove le case automobilistiche locali si sono espresse per la maggior parte contro i dazi.

Dazi UE auto elettriche cinesi

Basta in effetti leggere le parole di Jim Farley, il CEO di Ford, di ritorno dalla Cina, ove ha visitato alcune fabbriche di auto locali. Secondo lui, non sono i sussidi governativi, di cui del resto godono anche i marchi occidentali, a preconizzare l’invasione cinese, ma l’avanzamento tecnologico in atto. I produttori cinesi sono più avanti e rappresentano una minaccia esistenziale per le altre aziende.

Anche perché, come ricordato da un rapporto di Bloomberg, le case del Dragone fanno leva su un sistema perfettamente oliato. Ovvero quello che manca, per un motivo o per l’altro, alle aziende di Stati Uniti ed Europa. A conferma del giudizio rilasciato da Skoda.

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