Stellantis: il Governo Meloni mette Elkann alle strette

M Magarini
John Elkann

Stellantis non ha mai riscosso la simpatia degli italiani. Poco dopo la fusione nel 2021 tra Fiat Chrysler Automobiles (FCA) e Peugeot Groupe (PSA) si è fatto strada la tesi secondo cui il conglomerato darebbe troppa importanza alla metà francese. Le recenti decisioni assunte dal gruppo sembrano confermare il pensiero dei critici.

Stellantis: lo Stato italiano pensa a rafforzare l’impegno

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Ciò poiché negli scorsi giorni la creatura di John Elkann ha annunciato un investimento considerevole in Francia, dove, in una joint venture con Mercedes e Total, costituirà una gigafactory. Il complesso sorgerà entro la fine del decennio a Douvrin, nella regione di Hauts-de-France, e avrà un impatto rilevante sull’economia del territorio.

Forte di una capacità produttiva di 40 GWh, secondo le stime degli analisti troveranno occupazione 6 mila dipendenti. Il progetto costituirebbe, dunque, pura linfa vitale, sostenuto da un investimento di 7 miliardi di euro, di cui 2,8 provenienti da fondi pubblici. E qui sta l’inghippo. Difatti, lo Stato d’oltralpe ha parecchia voce in capitolo nelle operazioni di Stellantis.

Questo perché possiede una rilevante fetta delle azioni di Peugeot, retaggio del passato, quando il marchio del Leone non se la passava bene. Messa alle strette decise di accettare l’aiuto statale, vendendole una propria quota. Da lì in avanti, gli uomini saliti al potere politico hanno avuto sempre una certa influenza sulle manovre societarie. Non è da meno l’amministrazione Macron, pronta a far sentire le rispettive ragioni nel momento opportuno.

Stellantis pensa, però, pure alla Germania. Difatti, anche in assenza del cancellierato tedesco, il colosso dei motori darà vita a qualcosa di simile in quel di Berlino. Nel mentre, la nostra penisola viene ignorata di continuo. Lo ha fatto presente il ministro del Made in Italy, Adolfo Urso, esasperato dalla situazione. Le continue porte sbattute in faccia dalla società ne stanno mettendo a dura prova la pazienza. L’onorevole ha prospettato l’ingresso dello Stato nel capitale di Stellantis mediante Cassa depositi e prestiti. L’idea sarebbe di eguagliare la quota di partecipazione della Francia, equivalente al 6,15 per cento.

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Visto e considerato che è presente soltanto con Banca d’Italia, nella misura dell’1,13 per cento, l’esborso economico da sostenere sarebbe parecchio ingente ad occhio e croce, si tratterebbe di 3 miliardi puliti puliti da versare nelle casse dell’azienda.

Dati i problemi economici che affliggono il Belpaese lo scenario pare francamente remoto. Tuttavia, le pressioni esercitate potrebbero condurre Stellantis a cambiare modus operandi.

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