Una montagna di soldi vostri per dopare le vendite di auto elettriche

Ippolito Visconti Autore News Auto
Europa angosciata dalle full electric, col mercato drogato in continuazione.
auto elettrica

Vecchio Continente stordito dall’auto elettrica: nel delirio ecotalebano, si piazza una montagna di quattrini e sacrifici per per dopare artificialmente le vendite di macchine che nessuno vuole e che nessuno si fila. Beni durevoli costosissimi e scomodissimi che piacciono (forse) solo a chi porta avanti ideologie e dogmi Green nei social, in stile influencer. 

Mazzate a economie in ginocchio

Per rendere questi mezzi meno brutti, gli Stati si svenano: soldi a carico dei contribuenti, ossia tasse. Che gravano su nazioni già provate economicamente. Basti pensare al miliardo di euro per la micro nicchia ridicola elettrica in Italia che non ha portato a nulla, se non a paralizzare il mercato sino al giorno dei bonus. Adesso, la Germania e la Francia vogliono rianimare il cadavere full electric con iniezioni di liquidità sotto forma di sconti statali. Se usciamo dall’Ue, la Gran Bretagna è quella che piazza il quattrino più pesante. I produttori sborseranno due miliardi e mezzo di euro per le elettriche, ma in cambio domandano al governo UK il dimezzamento dell’IVA per tre anni e una forte riduzione delle tasse sull’elettricità delle colonnine di ricarica. 

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Elettrica, l’eterna insoddisfatta

L’auto elettrica succhia tutte le risorse in Europa, ma ne vuole sempre di più. Una sorta di infante capriccioso che esige balocchi a getto continuo. In GB, dopo i miliardi spesi dalle Case a supporto del prodotto, la debolezza del mercato mette a rischio gli obiettivi ambientali e gli investimenti: l’allarme arriva da Mike Hawes, ceo della SMMT (The Society of Motor Manufacturers and Traders Ltd, in una lettera inviata al ministro delle Finanze UK Rachel Reeves. A breve, la legge Bilancio 2025 potrebbe contenere una vagonata di sterline per l’elettrico.

Full electric, il raccomandato

L’elettrico è come il raccomandato da un politico o da uno zio influente: ha un santo in Paradiso e deve far fuori auto termiche e diesel, che tutti vogliono. Le macchine a corrente ci vengono imposte con leggi dai decisori politici, ma tutti ne stanno alla larga. Oltretutto, produrre e smaltire le batterie inquina da morire. Mentre non si parla mai abbastanza dello sfruttamento del lavoro, anche minorile, nelle miniere africane dove si estraggono i minerali delle batterie delle auto elettriche. Dietro, a pagare tutto ci sei tu, contribuente tartassato italiano o dell’Ue o europeo: tasse che diventano soldi a favore del raccomandato, l’elettrico. E, sullo sfondo, la Cina si siede e si gode la scena: regina planetaria dell’elettrico, col controllo totale di batterie e minerali. Assiste al suicidio automotive dell’Europa, incapace perfino di accordarsi sui dazi anti Dragone.

Adesso, la palla passa agli stessi decisori politici che a livello comunitario hanno causato lo sfacelo dell’auto: dovranno gestire disoccupati a valanga che arrivano dall’industria termica. Più la crisi della componentistica e dell’indotto. Uno tsunami sociale di proporzioni bibliche, anche perché taglio chiama taglio: chi l’ha detto che una prima sforbiciata mette a posto i conti delle aziende? Dopo la parità, si cerca il profitto. E nessuno glielo può proibire: sono società per macinare utili, da distribuire agli azionisti. Infatti, vedendo di lontano l’onda che si avvicina a riva, i governi Ue cercano di persuadere i cinesi ad aprire fabbriche sul suolo continentale. Peccato che il Dragone, in posizione di forza senza eguali sul globo terracqueo, ora imponga, non chieda, ma imponga, condizioni pesantissime agli esecutivi.

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