Lo scandalo degli airbag Takata ha ancora strascichi spaventosi, talvolta inaspettati, specie in relazione a brand che non sono molto chiacchierati intorno all’annosa questione. Citroen e DS sono state spesso al centro dei richiami ma stavolta a fare notizia è stato un’incidente su una Volkswagen Polo.
Un normale tragitto si è trasformato in incubo per Myriam, 48 anni, badante di Carcassonne, una piccola città nel Sud della Francia. Lo scorso mese suo figlio si stava recando a Castres a bordo della sua Volkswagen Polo insieme alla compagna e al figlio quando, senza alcun urto, l’airbag lato passeggero è esploso improvvisamente. “Abbiamo sentito un sibilo e subito dopo una detonazione fortissima. Non c’è stato nessun impatto, si è aperto da solo”, aveva raccontato scossa. La nuora ha dovuto indossare un collare cervicale e il nipote è rimasto profondamente turbato.

L’episodio ha immediatamente riportato alla mente il caso Takata e gli incidenti (talvolta mortali) che hanno avuto luogo da alcuni anni a questa parte. L’azienda giapponese era finita al centro del più grande richiamo della storia dell’automotive per airbag difettosi che, esplodendo, potevano proiettare frammenti metallici verso i passeggeri, causando anche vittime.
Dopo l’esplosione, la Volkswagen è stata trainata in un’officina ma il meccanico ha rimandato la famiglia alla concessionaria Volkswagen di Carcassonne. Qui, incredibilmente, hanno rassicurato Myriam: “Mi hanno detto che potevo circolare, che non c’erano più rischi. Ho guidato 53 chilometri senza airbag e con la paura che potesse scoppiare anche quello del conducente”. Il concessionario ha dichiarato che il 15 maggio si era accesa una spia di malfunzionamento, mai notata dalla famiglia. Pochi giorni dopo, l’auto aveva subito un leggero tamponamento con danni minimi, riparati da un carrozziere. Allora l’airbag non si era attivato, ma un mese e mezzo dopo è esploso senza motivo.
Volkswagen sostiene che la causa sia legata a quell’incidente, mentre l’assicurazione punta il dito contro un difetto del dispositivo. Un perito indipendente ha smontato il componente e il verdetto è stato chiaro: si trattava di un airbag Takata. “Eppure la nostra vettura non è mai stata richiamata”, denuncia Myriam, che ora si trova senza auto.

Lei e suo figlio, entrambi assistenti domiciliari, hanno dovuto noleggiare un veicolo a un costo proibitivo: 360 euro a settimana più 900 euro di cauzione. La rabbia della donna cresce soprattutto di fronte al silenzio istituzionale. “Ho scritto a Volkswagen Francia, al Ministero dei Trasporti, alla mia assicurazione. Nessuno si assume la responsabilità, e veniamo trattati come colpevoli invece che come vittime”, accusa.
Myriam oggi fa parte di un collettivo di vittime Takata e teme che il gruppo Volkswagen voglia “mettere a tacere la vicenda” per non ammettere la portata del problema. “Se hanno taciuto con noi, quanti altri automobilisti rischiano?”, si chiede la donna.