BYD a caccia dei fornitori torinesi che Stellantis ha abbandonato

BYD intanto si espande, vendendo in Italia nell’ottobre 2025 quasi quattro volte i veicoli venduti l’anno scorso.
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Mentre Stellantis taglia, riduce le forniture e costringe la sua filiera a chiudere o a vivere di cassa integrazione, a Torino è in corso una beffa che suona quasi come un risarcimento storico. BYD, il primo produttore mondiale di veicoli elettrici, è piombata nella provincia che fu culla della Fiat per “fare shopping” di componenti.

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Dopo mesi di ricerche, la delegazione cinese ha individuato ben 85 aziende torinesi pronte a rifornirla di tutto: da cambi, filtri dell’olio e dell’aria, a freni e altri dispositivi essenziali.

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A facilitare questa singolare operazione di “salvataggio dell’indotto” ci sono due volti noti: Alfredo Altavilla, ex top manager di Fiat ed FCA e ora consigliere BYD per l’Europa, e Alessandro Grosso, ex dirigente Stellantis e oggi responsabile BYD in Italia. Un paradosso in cui gli ex capi, tradotti in consulenti per l’altra barricata, recuperano ciò che il nuovo corso ha lasciato marcire.

Altavilla ha riferito che i dirigenti cinesi sono rimasti sinceramente impressionati dalla capacità produttiva della filiera torinese, pur notando che questa è appesantita da costi energetici che la rendono poco competitiva. Stellantis ha ridotto o azzerato le commesse, lasciando nell’incertezza decine di aziende che, come la Sila Group di Orbassano, vedono in BYD una via d’uscita e una possibilità di diversificazione.

I numeri in ballo sono notevoli e segnano un divario imbarazzante con la produzione domestica. Le aziende torinesi dovrebbero fornire componenti agli stabilimenti europei di BYD. Parliamo, quindi, del primo in costruzione in Ungheria, capace di sfornare 250 mila auto all’anno, più un secondo in Turchia e un possibile terzo in Spagna per le batterie, con commesse che potrebbero arrivare a sostenere fino a 500 mila auto all’anno.

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Questi volumi fanno impallidire i numeri di Stellantis in Italia, che quest’anno prevede di produrre “solo” circa 310 mila veicoli, con un calo di circa 30% rispetto all’anno precedente. La FIOM di Torino riassume l’amara verità: “BYD si è accorta che qui ci sono maestranze con grande esperienza e con capacità di fare automobili. Gli unici che se ne sono dimenticati sono quelli di Stellantis”.

L’unica legittima preoccupazione dei sindacati è che l’interesse di BYD si limiti a sfruttare l’esperienza italiana per la produzione all’estero, piuttosto che portare nuovo lavoro stabile in un’area che sta lentamente affogando nella cassa integrazione.

BYD intanto si espande, vendendo in Italia a ottobre quasi quattro volte i veicoli venduti l’anno scorso e raggiungendo una quota dell’1,3% del mercato totale (oltre l’11% se si considerano solo gli elettrici).