I colossi automotive UE sono sospesi nel vuoto, perché i dazi auto USA anti Bruxelles sono un’incognita. Una strategia del mistero, quella messa in atto da Trump, che vede trionfare il tycoon e soccombere l’Unione Europea.
Tasse auto caos totale
Alle sei di stamattina in Italia, sono scattate le nuove tariffe dopo la stretta di mano del 28 luglio 2025 fra Trump e Ursula von der Leyen, numero uno della Commissione Ue. Per quasi tutte le importazioni europee, tasse del 15%. La cosa non riguarda merci sotto le indagini avviate dalla Casa Bianca sulla normativa di riferimento sul commercio internazionale: auto, farmaci, semiconduttori, acciaio, alluminio, vino e liquori.

Risultato, oggi barriera al 27,5% sulle vetture
Sull’import di vetture c’era e c’è il dazio del 27,5%. Per arrivare al 15%, serve uno specifico provvedimento USA. Morale: Trump ha minacciato dazi del 30%, ha trionfato con tasse del 15%, sbandierati dai politici UE come un buon risultato, tiene tutti sulla corda per le auto. La stessa Acea (lobby costruttori auto UE) aveva subito avvisato: gli Stati Uniti manterranno tariffe più elevate su vetture e componenti automobilistici, e ciò continuerà ad avere un impatto negativo non solo per l’industria nell’UE ma anche negli Stati Uniti. “In questa fase, molti elementi dell’accordo devono ancora essere chiariti”. Si esamineranno “attentamente i dettagli man mano che saranno disponibili”. Infine, nessuno può sapere se e come il tycoon ridurrà il muro di imposte sulle macchine del Vecchio Continente.
L’auto europea nella morsa fra multe UE e barriera USA
Quindi, si sono dati la stretta di mano, ma dell’accordo sull’auto non si sa nulla. Una sconfitta politica, economica, d’immagine senza precedenti per l’UE, con ripercussioni tremende sull’industria automotive e sull’indotto. Da una parte, ci sono le multe UE di 16 miliardi di euro alle Case che vendono auto con troppe emissioni di CO2 (Stellantis 2,5 miliardi); dall’altra, la barriera di Trump. La Cina è come se non esistesse, in mano ai marchi locali. Una morsa micidiale, con ricadute sugli anelli deboli della catena: non certo top manager e azionisti, ma lavoratori e indotto. Vedi infatti l’utilizzo massiccio delle forbici per tagliare.
Bruxelles ha fissato obiettivi per la riduzione delle emissioni di CO2: dal 2020, è in vigore una normativa che impone ai costruttori di auto di rispettare un limite medio di emissioni di CO2 per la loro flotta di veicoli venduti in Europa. Superare questa soglia significa dover affrontare multe pari a 95 euro per ogni grammo di CO2 oltre il tetto per ogni vettura venduta. Investire nell’elettrico non basta, perché il mercato europeo non risponde: mancano le colonnine veloci e il prezzo dell’elettricità vola. Al contempo, la politica America First e la minaccia di tariffe punitive hanno creato un clima di incertezza: difficilissimo per l’UE uscirne. Un fuoco incrociato che fa perdere competitività all’auto europea.
Perdipiù, l’elettrico Green Deal in Europa è un flop (15% di quota mercato nonostante bonus e sconti), sicché le carissime full electric non piacciono, consentendo margini risicati per via di costi elevatissimi. Non male pure la “botta” che deriva alla svalutazione del dollaro, con un ulteriore impatto del 13-14%. Ciliegina sulla torta, la bolletta energetica è astronomica in quanto non compriamo il gas low cost della Russia.