Dopo anni di polemiche infinite e ricorsi a raffica, il tema degli autovelox torna ciclicamente in prima pagina, pur essendo una questione che in molti Paesi europei sarebbe persino banale. Recentemente si è parlato di una novità che promette di cambiare le carte in tavola, ovvero il censimento nazionale dei rilevatori di velocità.
Operazione trasparenza, certo, ma alcuni problemi di base restano, ancora, per questo “business della velocità” che in Italia, e quasi solo nel Belpaese, conosciamo molto bene. Quello arrivato da poco non è un semplice aggiornamento burocratico, ma una rivoluzione che introduce, appunto, più trasparenza e toglie ossigeno a quei dispositivi spuntati come funghi lungo le nostre strade.

In pratica, basta “radar fantasma”, poiché tutto dovrà essere certificato, dichiarato e tracciato. Siamo, però, obiettivamente stanchi della mancanza di soluzioni complete, anche per questioni semplici come gli autovelox. È proprio una questione di correttezza, dignità, normalità istituzionale.
Il decreto appena varato dal Ministero dei Trasporti e delle Infrastrutture stabilisce che ogni amministrazione locale dovrà comunicare entro sessanta giorni la posizione, il modello e soprattutto lo stato di omologazione di ogni singolo apparecchio. Chi non rispetterà la scadenza del 30 novembre sarà costretto a spegnere i dispositivi, rinunciando così a un bel gruzzoletto di entrate da multe. Una mossa che sembra fatta apposta per far sudare i cosiddetti “furbetti del radar” e che raccoglie il plauso delle associazioni dei consumatori, Codacons in testa.

Il punto dolente, però, resta quello più grande, irrisolto, annoso, immutato: questa benedettissima (e maledettissima) omologazione. La Cassazione, con una sentenza dell’aprile 2024, ha già stabilito che le multe elevate tramite dispositivi solo approvati, e non omologati, sono da considerarsi nulle. Una bomba che fa saltare in aria l’intero sistema: secondo le stime, circa il 60% degli autovelox fissi e il 67% di quelli mobili non sarebbero conformi, soprattutto tra gli esemplari più datati.
Il censimento nazionale segna un passaggio epocale, per qualche colletto bianco al Ministero, ma non si è risolto quasi nulla. Certo, gli automobilisti hanno la possibilità di accedere a informazioni chiare e verificabili, mettendo fine alla sensazione di multe arbitrarie e, contestualmente, i Comuni fanno finalmente un bagno di trasparenza. Se però l’omologazione resterà il nodo irrisolto, il rischio è quello di un cortocircuito: multe paralizzate, casse comunali in rosso e sicurezza stradale in balia dell’incertezza normativa. Se neanche questo si può gestire in modo chiaro, cosa possiamo aspettarci per livelli di complessità superiori?