Dazi UE-USA sulle auto: Trump stravince, mentre dal negoziato esce un’Unione Europea lillipuziana, con le Case del Vecchio Continente che tremano innanzi al patto e alla dimostrazione di debolezza di Bruxelles. Infatti i dazi USA sulle auto importate dall’UE erano inizialmente del 2,5%, poi del 27,5% col 25% piazzato da Trump, e ora al 15%. L’accordo commerciale tra Stati Uniti e Unione Europea in Scozia il 27 luglio è tutto squilibrato a favore della parte yankee, che è riuscita a imporsi sotto tutti i punti di vista: numeri, immagine, narrativa.
UE impaurita prima di scendere in campo
L’UE è scesa in campo terrorizzata, uscendo ai preliminari estivi di Champions League nel calcio. Target: prendere meno batoste possibile. Non è andata per vincere, ma per contenere le perdite. Trump ci ha studiato e annusato, sino a rifilarci una batosta senza precedenti, con gravissime ripercussioni per l’auto. All’inizio si è partiti con dazio zero, poi con l’accordo migliore di quello strappato dal Regno Unito al 10%, infine accordo alla giapponese con un dazio reciproco del 15%.
Vendi auto più care e compri da loro
L’UE venderà in USA auto tassate al 15% e non competitive. Dovrà acquistare americano e investire sull’altra sponda dell’Atlantico. Inoltre, l’UE ha minacciato di continuo, senza mai mettere in pratica l’annuncio.
Altri alleati in 30 secondi
Per evitare i pesanti dazi auto, l’UE ha cercato accordi veloci con la Cina, col Mercosur, con l’India e con l’Indonesia. Tuttavia, sono necessari mesi per arrivare a un dunque. Si vedeva che era un bluff: infatti Trump è venuto a vedere la nostra bella coppia di sette di picche, mentre lui calava il poker di cuori. Nel frattempo, il secondo bluff UE del bilancio: pochi soldi per operazioni poco chiare ai consumatori.
Il tycoon ha mantenuto le promesse fatte in campagna elettorale, tutelando gli USA e rafforzandosi: cosa che altrove suona come clamoroso. L’UE automotive è molto più debole sotto il profilo politico ed economico, litigando Bruxelles al contempo con la Russia da cui non compra il gas a basso costo e di alta qualità, prezioso per le Case auto; e con la Cina, l’incontro con la quale s’è rivelato un fallimento totale. Il tutto condito dal Green Deal auto elettrica che ha fatto solo danni.

Industria auto UE, patrimonio di inestimabile valore
L’Acea Case auto sostiene che gli Stati Uniti manterranno tariffe più elevate su automobili e parti automobilistiche, e questo continuerà ad avere un impatto negativo non solo per l’industria nell’UE ma anche negli Stati Uniti. In questa fase, molti elementi dell’accordo devono ancora essere chiariti. L’ACEA esaminerà attentamente i dettagli non appena saranno disponibili e valuterà le implicazioni per la produzione di veicoli in Europa. In ballo 13,2 milioni di europei che lavorano nel settore automobilistico, più 383,7 miliardi di euro di entrate fiscali per i governi europei, oltre a 106,7 miliardi di euro di surplus commerciale per l’Unione Europea. Oltre il 7,5% del PIL dell’UE generato dall’industria automobilistica 72,8 miliardi di euro di spesa annuale in ricerca e sviluppo.
Auto a petrolio no, importare petrolio USA sì: i misteri UE
Il patto UE-USA prevede un tetto ai dazi al 15% sulle importazioni di beni dall’Unione Europea agli Stati Uniti, più l’impegno di Bruxelles a portare a 250 miliardi di dollari l’anno le importazioni di prodotti energetici dagli Usa. Energia fossile. Pertanto, l’UE dice no all’auto a petrolio, ma dice sì all’importazione di petrolio. Più chissà quali altri prodotti energetici, che si potevano comprare a basso costo e con alta qualità dalla Russia. Sono 750 miliardi di dollari in combustibili fossili, petrolio greggio e gas naturale liquefatto (LNG). Alla faccia del Green Deal. Più investimenti di non meno di 600 miliardi di dollari oltre il previsto negli Stati Uniti (e acquisti in prodotti militari). Ma dove li prendiamo 600 miliardi di dollari?

Auto termica no, ma petrolio post fracking sì: ti saluto Green Deal UE
Prenderemo eccome pure petrolio USA post fratturazione idraulica, fracking: tecnica di estrazione di petrolio e gas naturale ampiamente utilizzata negli Stati Uniti, soprattutto per i giacimenti non convenzionali. Viene perforato un pozzo verticale fino a raggiungere la formazione rocciosa contenente gli idrocarburi oltre i 2.500 metri. Una miscela ad alta pressione, chiamata “fluido di fratturazione“, viene iniettata nel pozzo. L’alta pressione del fluido provoca la fratturazione della roccia, creando piccole fessure e canali. Parte del fluido iniettato risale in superficie come acqua di ritorno. L’EPA (Environmental Protection Agency) ha identificato fino a 700 additivi chimici. Quali? Acido cloridrico, biocidi, agenti di rottura, tensioattivi. I pericoli? Contaminazione delle falde acquifere, consumo idrico elevato, emissioni di gas serra. Da capire la gestione delle acque reflue. Ciao ciao Green Deal UE.
Auto termica no, ma GNL USA sì
Il GNL subisce processi di liquefazione, trasporto e rigassificazione: è molto costoso del gas naturale trasportato tramite gasdotti. La qualità è notevolmente inferiore. L’importazione di GNL richiede infrastrutture specifiche. Infine, il processo di liquefazione e trasporto del GNL comporta un consumo energetico ed emissioni.
Paradosso: la più colpita dai dazi auto è la Germania regina del Green Deal UE
In tutta l’UE, chi subisce di più i dazi auto USA è la Germania, proprio quella che sostiene la Commissione con la sinistra di Merz e che ha voluto il Green Deal vetture elettriche (ora invece messo in discussione da Berlino). Un paradosso, questo harakiri in salsa teutonica. Nel 2024 l’Unione ha esportato 758.000 macchine in terra yankee, per un valore di 39 miliardi di euro. Due terzi proprio dalla Germania, con Volkswagen leader fra gli esportatori. Le tasse picchiano duro su un gigante come quello di Wolfsburg già alle prese con mille guai. Stando ai gruppi industriali tedeschi, BDI, un’aliquota tariffaria del 15% avrà immensi effetti negativi sull’industria tedesca orientata all’esportazione. Qualcuno sperava nel bazooka tanto sbandierato dall’UE come minaccia a Trump. Così VW aveva già ridotto il margine di profitto tra il 4 e il 5% per dazi tra il 10 e il 27,5%. Problemi per Stellantis, a cui i dazi di Trump le sono costati 300 milioni di euro. Mentre la svedese Volvo, del colosso cinese Geely, ha sospeso le vendite di alcuni modelli negli Stati Uniti dopo un calo micidiale dei ricavi nel secondo trimestre 2025.
La stessa industria auto in Germania si è lamentata più volte per il costo enorme dell’energia, che incide in modo pesante sulle fabbriche automotive, ancor più se si fanno batterie per vetture elettriche. Si compra il gas USA carissimo anziché il gas di Mosca low cost, a discapito delle attività teutoniche ultra energivore. Un cortocircuito che fa saltare ogni equilibrio economico, politico e sociale a Berlino.
Settembre 2025 di fuoco per l’auto
Il 10 settembre 2025, il presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen pronuncerà il Discorso sullo stato dell’Unione davanti al Parlamento Europeo riunito in sessione plenaria. Ma il suo consenso politico precipita, mentre neppure la Germania automotive digerisce i dazi, con le industrie energivore (storicamente tedesche) che non sanno più a che santo rivolgersi. Attenzione perché la cosiddetta pace dei dazi con l’UE, imposta da Trump dal punto di vista economico e dell’immagine con un trionfo per il tycoon, può essere l’inizio della guerra politica intestina a Bruxelles, che vede l’auto protagonista assoluta.
Dollaro, che superpotenza: altro guaio per l’auto
Qualche superficiale osservatore del mondo automotive sorrideva soddisfatto per via della svalutazione del dollaro. Tutto voluto con intelligenza da Trump, dal cui arrivo alla Casa Bianca la moneta USA ha perso il 15% nei confronti dell’euro. Pertanto, la vettura fatta in UE ed esportata negli Stati Uniti subisce due mazzate: i dazi del 15% più il fatto che i prodotti UE costano di più per la svalutazione del dollaro. Nel frattempo i fondi statunitensi vengono in Europa a fare shopping. Una spirale davvero negativa per Bruxelles.