Lo stabilimento Fiat di Kragujevac, in Serbia, si prepara ad accogliere circa 800 lavoratori provenienti da Marocco e Nepal, secondo quanto riportato dai media locali. La decisione del gruppo Stellantis arriva in un momento delicato, in cui l’azienda fatica a reperire manodopera disponibile tra la popolazione locale a causa dei salari giudicati troppo bassi.
L’assessore comunale per l’economia, Radomir Erić, ha confermato che il piano di “importazione” di forza lavoro estera è ormai in corso, nonostante nella sola Kragujevac si contino ancora circa 9.000 disoccupati.

Per i sindacati non si tratta di una sorpresa. Jugoslav Ristić, figura storica del sindacato indipendente di Kragujevac, ha sottolineato che la scarsa attrattiva dei salari spinge i residenti a rifiutare le offerte. Con una retribuzione di poco superiore a 70.000 dinari serbi (circa 600 euro), la vita quotidiana diventa insostenibile per la maggior parte delle famiglie.
Il quadro salariale in Serbia conferma la difficoltà: lo stipendio medio nazionale si aggira intorno ai 108.000 dinari (circa 900 euro), mentre a Kragujevac, come abbiamo visto, è sensibilmente più basso. In Fiat, i dipendenti possono arrivare a 90.000 dinari (appena 800 euro), ma solo accettando di lavorare anche il sabato, oltre le consuete 40 ore settimanali.
Questa condizione economica aziendale spiega perché i salari, ritenuti insufficienti dalla manodopera locale, possano invece risultare competitivi per lavoratori di paesi come il Marocco o il Nepal, dove il potere d’acquisto è diverso. Non è la prima volta che la Fiat si affida a personale straniero: in passato furono assunti anche tecnici italiani, retribuiti però a tariffe ben più alte, circa 100 euro al giorno. Insostenibile, a quanto pare.

Goran Milić, presidente del comitato regionale dei metalmeccanici, ha evidenziato un altro problema: molti lavoratori serbi assunti nello stabilimento restano solo pochi giorni, scoraggiati dalle condizioni economiche. Secondo Ristić, questa dinamica riflette una strategia più ampia: “I nostri politici hanno deciso che il numero di persone che emigrano verso l’Occidente dovrà bilanciarsi con quello degli stranieri che arrivano qui. In pratica, la Serbia deve restare una zona di manodopera a basso costo, in linea con le esigenze delle multinazionali e con l’appoggio del governo”.