L’Ue pensa sempre più ai dazi auto anti Cina

Ippolito Visconti Autore News Auto
L’Unione europea sempre più convinta di imporre dazi auto contro la Cina. Indaga sulle possibili sovvenzioni che i Gruppi auto cinesi possano aver ricevuto dal governo di Pechino
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L’Unione europea sempre più convinta di imporre dazi auto contro la Cina. Indaga sulle possibili sovvenzioni che i Gruppi auto cinesi possano aver ricevuto dal governo di Pechino: sarebbe dumping, un vantaggio ingiusto ai danni dei costruttori del Vecchio Continente, che devono fare da sé. Adesso, Bruxelles avverte BYD, Geely e SAIC: informazioni insufficienti nell’indagine sui sussidi statali. I colossi orientali han fornito pochi dettagli serve molto di più.

Quale scenario sui dazi auto

Si fa più probabile l’introduzione di tasse di importazione dell’Ue sulle auto prodotte dal Paese della Grande Muraglia. Obiettivo, proteggere l’industria europea contro l’invasione del Dragone, che fa molta paura. Rammentiamo che la Commissione Ue ha avviato un’indagine in ottobre per verificare se i veicoli elettrici a batteria fabbricati in Cina ricevano sussidi distorsivi. Avviata ufficialmente il 4 ottobre, può durare fino a 13 mesi. La Commissione può imporre dazi provvisori nove mesi dopo l’inizio della inchiesta.

Adesso, spetta alle Case cinesi rispondere a questa accusa dell’Unione. Ma la SAIC ha già affermato di aver cooperato pienamente e fattivamente con la Commissione, fornendo tutto il necessario. In conformità con l’Organizzazione Mondiale del Commercio e le norme dell’Ue. Forse qui è l’equivoco: cosa è necessario? Chi stabilisce il quanto e il come? Occhio poi a dire troppo, a svelare segreti industriali: questione delicata. Per esempio, ci sono informazioni commercialmente sensibili, come la composizione chimica delle note batterie cinesi. Molto desiderate da tutti nel mondo.

Di quanti soldi si parla? Solo alla BYD, 3,4 miliardi di euro di aiuti dal governo di Pechino: importo mostruoso per un’accelerazione spaventosa in tutto il pianeta. Soldi, più strada facilitata per avere materie prime critiche, più assorbimento di tecnologia dagli stranieri. Più eliminazione dei cavilli burocratico-amministrativi in tutte le procedure di qualunque tipo. Inoltre, una montagna di quattrini per fare le batterie delle auto elettriche, in un circolo virtuoso (per i cinesi) che diventa un’insidia per l’industria Ue.

La Camera di commercio cinese: non è vero

Una replica arriva pure dalla Camera di commercio cinese: le Case orientali han detto tutto. Respinge le accuse di mancata collaborazione: le società hanno partecipato a molteplici cicli di questionari e ispezioni agevolate in loco. Cos’altro dovrebbero fare? Le aziende ritengono che alcune delle richieste Ue siano eccessive. Con scadenze ravvicinate per pratiche burocratiche dettagliate. E richieste che vanno oltre la capacità delle aziende di farlo: in ballo, pure info sensibili sui fornitori.

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Dazi di quanto?

Uno studio di Rhodium Group indica un dato preciso: l’Unione europea dovrebbe imporre dazi al 50% per arrestare l’avanzata delle auto elettriche cinesi. Infatti, il valore delle esportazioni di auto a batteria dalla Cina è salito di sette volte nel giro di quattro anni. Era di 1,6 miliardi di dollari del 2020. Ora 11,5 miliardi. Negli ultimi 12 mesi, la quota di mercato dei marchi cinesi in Ue è quadruplicata: l’8% del totale immatricolato. Per Rhodium, entro luglio si arriverà all’adozione di dazi compensativi fra il 15 e il 30%.

In vista delle elezioni, l’Ue si attiva

Proprio in vista delle elezioni (un caso?), l’Ue lancia l’allarme. Si deve agire per garantire che la concorrenza sia equa e non distorta, quindi “incoraggerò il governo cinese ad affrontare le sovracapacità produttive nel breve termine”, ha appena annunciato il capo della Commissione Ue, Ursula von der Leyen. Ossia colei che più di tutti ha voluto il Green Deal col bando delle termiche. Attualmente la Cina produce, con massicci sussidi di Stato, più di quanto vende a causa della debolezza della sua domanda interna: questo sta portando a un eccesso di offerta di beni cinesi sovvenzionati, come i veicoli elettrici e l’acciaio, dice. Cioè commercio sleale. Finale da apocalisse: l’Europa non può accettare queste pratiche di distorsione del mercato che potrebbero portare alla deindustrializzazione del Vecchio Continente, sostiene. Toni forti, che in passato non utilizzava. Perché?

Attenzione alla Germania, che non vuole i dazi

Ormai il pasticcio è stato fatto anni addietro. Difficile uscirne. Anche perché l’Ue, a dispetto del nome, è poco unita sull’auto. Da una parte c’è la Francia di Macro, che in stile Trump vuole dazi fortissimi anti Cina. Sullo stesso piano, parrebbe l’Italia. Due nazioni con interessi forti nel Paese orientale, però mai quanto quelli della Germania: proprio i tedeschi potrebbero opporsi, e dire no ai dazi Ue contro Pechino. Per una volta, Parigi e Berlino non andrebbero a braccetto nell’Ue: in passato, assieme, nella comunità hanno fatto il bello e il cattivo tempo. Che potenza, questi cinesi, capaci anche di squassare l’Unione europea.

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