Nel mondo, la futura invasione dell’auto elettrica causerà un ammanco di 110 miliardi di dollari l’anno ai governi di tutto il pianeta: tasse pagate su benzina e diesel. Che scompariranno perché i consumatori compreranno macchine a pila anziché termiche. Lo denuncia il Financial Times. Soluzione, già prospettata dal Governo Meloni per bocca del ministro dell’Economia Giorgetti: più accise sulle ricariche elettriche. Quindi, io esecutivo di qualsiasi Paese non incasso le imposte sul carburante tradizionale, e le sostituisco con balzelli sull’elettricità. Soldi necessari alla sopravvivenza, in un momento delicato per il globo terracqueo. Denari per pensioni, asili, scuole, ospedali, sussidi.
Il buco causato dall’auto elettrica: paura fra i politici
Quali previsioni. Si stima che entro il 2030 i veicoli elettrici sostituiranno 6 milioni di barili al giorno del consumo globale di petrolio, secondo l’Agenzia internazionale per l’energia. La domanda nel 2023 è stata di 102 milioni di barili al giorno. I dati dell’IEA mostrano che lo scorso anno il passaggio ai veicoli elettrici ha eliminato 10 miliardi di dollari di entrate derivanti dalle tasse su benzina e diesel a livello globale, al netto dei modesti guadagni derivanti dalle nuove entrate fiscali sull’elettricità. Si prevede che la perdita netta salirà a 110 miliardi di dollari entro il 2035 se i Paesi raggiungeranno i loro obiettivi di elettrificazione, derubando i governi di fondi vitali che sono spesso destinati a pagare la manutenzione delle strade e il miglioramento dei trasporti.
Elettrico sì o no? Indecisione mondiale
Un paradosso. Prima i politici hanno spinto per la morte delle auto termiche e per lo sviluppo dell’auto elettrica. Adesso hanno paura: senza quattrini, come comandare? Come annunciare progetti al mondo intero? L’auto è sempre stata una banca sicura per gli Stati: ti devi muovere libero, comodo, facile. E allora paghi di certo. Un’entrata più sicura del bollo e della Rca: appena fai il pieno, scatta la mannaia mortale alla pompa. Questo buco di 110 miliardi di dollari ogni anno nelle entrate pubbliche è infernale. Chi si muove? Regno Unito, Nuova Zelanda, Israele e (sebbene ogni contea per fatti suoi) Stati Uniti. Qui poi la catena di comando è velocissima: servono soldi, si fa la legge in fretta. Tramite modifiche fiscali e oneri sui veicoli elettrici. Ma anche le macchine ibride plug-in sono nel mirino: se usi solo la batteria, io ti stango.
Abbiamo tasse di immatricolazione, imposte di utilizzo della strada basate sul chilometraggio, balzelli sui punti di ricarica pubblici. E sulle wallbox: la ricarica domestica dell’auto elettrica. Pagare sempre e comunque. I proprietari di veicoli elettrici e gli attivisti ambientali contestano il tutto: questo rallenterà il passaggio della società dai veicoli molto inquinanti a quelli a basso impatto. Vero. Ma la politica fa così. Un giorno gli stessi politici si porranno un secondo problema: abbiamo scherzato, anche le batterie inquinano nel ciclo di vita. Quindi via a super tasse.
Stati Uniti e Nuova Zelanda scatenati: tasse sull’elettrico
Usa scatenati: nel Tennessee le tasse annuali sono raddoppiate quest’anno arrivando a 200 dollari. “Molte di queste politiche non sono popolari. È difficile aumentare le tasse, ma è necessario”, ha affermato Rachel Aland, direttrice dei trasporti presso l’American Council for an Energy-Efficient Economy, un think tank con sede a Washington, DC.
Il mese scorso la Nuova Zelanda ha introdotto per la prima volta tariffe per l’uso stradale basate sulla distanza percorsa per veicoli elettrici e ibridi plug-in, affermando che la politica era assolutamente necessaria per aumentare le entrate per la manutenzione stradale poiché le tasse sul carburante sono diminuite. I proprietari di veicoli elettrici leggeri devono pagare una tariffa di 76 dollari neozelandesi (46 dollari) per 1.000 km, una tariffa in linea con i veicoli diesel equivalenti. I proprietari di ibridi plug-in devono pagare 38 dollari locali per 1.000 km, una tariffa inferiore perché pagano già le tasse sul carburante.
Retromarcia Svizzera sull’auto elettrica, che scossa
Vediamo la Svizzera, attentissima come nessuna al mondo ai denari. Dal primo gennaio 2024, le automobili elettriche sono assoggettate all’imposta sugli autoveicoli. Gli introiti così raccolti confluiscono nel Fondo per le strade nazionali e il traffico d’agglomerato. Il governo federale ha annunciato di avere approvato una modifica della specifica ordinanza, per consentire l’introduzione della tassa. La novità fa parte del piano di correzione del bilancio statale, sgravato di quasi 150 milioni di franchi l’anno. In passato, le vetture elettriche destinate al trasporto di persone o merci erano state esentate nel 1997 dal pagamento della tassa: il Consiglio federale aveva inteso creare incentivi economici per lo sviluppo della mobilità elettrica. Ma adesso le macchine a batteria sono troppe. Addirittura, dal 2018 al 2022 il numero di veicoli elettrici importati è aumentato di quasi sei volte, passando da 8.000 a 45.000 l’anno. Le perdite fiscali nel 2022 sono ammontate a 78 milioni di franchi, nel 2023 a 150 milioni. Emorragia da fermare immediatamente.
Ma Motus-E contesta
Per Francesco Naso, segretario generale di Motus-E (associazione pro elettrico), si deve considerare che in Italia anche sulle tariffe di energia elettrica si applicano Iva, accise e oneri di sistema e di rete, in misura maggiore alle colonnine che in casa. E si deve tenere a mente l’efficienza dell’energia per muovere il veicolo. Allora, tirando le somme, il carico fiscale di un’auto a batteria è paragonabile, se non maggiore, a quello di una a combustione.