Sconcerto Europa: l’auto cinese la assale a settembre 2025

Le vendite di auto in Europa sono aumentate dell’11% a settembre 2025, ma la notizia che fa tremare il Vecchio Continente è l’inarrestabile avanzata dei produttori cinesi.
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Con la paura negli occhi, l’Unione Europea osserva la spaventosa ascesa dell’auto cinese nel Vecchio Continente: le vendite di vetture qui sono aumentate dell’11% a settembre 2025, ma la notizia che fa tremare è l’inarrestabile avanzata dei produttori cinesi. Addirittura, c’è un incremento del 149% delle targhe con una quota di mercato record del 7,4%, con le macchine orientali capitanate da MG (SAIC) e BYD.

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Le politiche europee full electric – dietro le tremende pressioni delle lobby green coi loro interessi – sono un clamoroso autogol che favorisce involontariamente i competitor asiatici. Un errore che si paga a carissimo prezzo, rimediabile difficilmente con una retromarcia verso il termico.

L’auto cinese ci invade a settembre 2025: cinque errori UE

  1. L’UE si è concentrata sull’imposizione di un rigido calendario per l’abbandono dei motori a combustione (il divieto di vendita dal 2035), ma non è riuscita a supportare con pari forza la propria catena del valore. La soluzione l’ha trovata la Cina, leader totale e incontrastato delle batterie nel mondo.
  2. In subordine, il Dragone sfonda con le PHEV, termiche a benzina ibride plug-in, con batterie davvero importanti. Vedi BYD col suo super ibrido senza ansia da autonomia.
  3. La Cina, grazie a decenni di pianificazione statale, ha ottenuto un dominio totale sulla produzione di batterie e sull’approvvigionamento delle materie prime critiche (terre rare). Questo ha garantito ai produttori cinesi un notevole vantaggio di costo. L’UE coi dazi anti elettriche cinesi ha solo stuzzicato l’orgoglio di Pechino, che fa meno profitti sul breve ma pone le basi per il medio e lungo termine. Inoltre, il Celeste Impero aggira i dazi producendo in Ungheria (BYD) o altrove, purché non in Cina.
  4. I dazi colpiscono anche i produttori occidentali che sfornano alcuni modelli in Cina per l’esportazione in Europa. Inoltre, si traducono in un aumento dei prezzi finali per i consumatori europei, potenzialmente rendendo l’auto elettrica meno accessibile e rallentando la transizione ecologica.
  5. L’UE è ora in una fase di tensione con Pechino, negoziando possibili alternative alle tariffe, come l’introduzione di prezzi minimi per le auto cinesi. Forse 20.000 euro. Il timore più grande, tuttavia, resta la guerra commerciale con la Cina, che potrebbe rispondere mettendo sul tavolo i pezzi da novanta: terre rare, tecnologie per le batterie, gli stessi accumulatori. Ci siamo messi sotto scacco da soli: un caso storico di suicidio industriale automotive.
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Le Case occidentali potrebbe concentrarsi altrove: specie in USA, dove va forte il termico con Trump. Anzi, avrebbero anche modo di produrre direttamente negli States, dove non c’è l’assillo del gas: noi non compriamo più l’oro blu low cost della Russia e i prezzi delle bollette volano. Negli States, poi, i cinesi non entrano: sicché per gli europei non c’è il micidiale competitor che arriva dal Paese della Grande Muraglia. Condizioni ideali, analoghe a quelle dell’Europa pre Green Deal. Un Eldorado yankee testimoniato da pesantissimi investimenti pesantissimi dei CEO.

Intanto, iniziano le prime chiusure cosiddette temporanee delle fabbriche. Senza confessarlo in pubblico, il terrore dei sindacati è che non ci sia nulla di più definitivo di qualcosa di temporaneo. Si parte con qualche settimana, poi si riprende, quindi il blocco per mesi e così via. Stabilimenti a singhiozzo, modalità tali da stendere l’indotto e da far calare la fiducia da parte dei consumatori verso i marchi tradizionali. Un andazzo pericolosissimo.