Stellantis, le 400 assunzioni italiane che non salvano la baracca

Le 400 assunzioni di Stellantis sono un gesto politico tanto quanto economico, un tentativo di dimostrare l’impegno in Italia. Ma è poco.
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L’annuncio di 400 nuove assunzioni da parte di Stellantis in Italia, resa nota dal Segretario Generale della FIM CISL, Ferdinando Uliano, è stata accolta con quel misto di sollievo e sospetto che accompagna ogni mossa del gigante automobilistico nel nostro Paese.

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Uliano ha definito la mossa come un “buon segnale in controtendenza,” una dichiarazione che suona come una lode non troppo convinta nei confronti di Stellantis. Se da un lato il gesto è positivo in un clima di incertezza industriale, dall’altro il sindacato ha subito incalzato, ribadendo la necessità cruciale di rafforzare il (più volte) anticipato Piano Italia di Stellantis, essenziale per garantire una crescita sostenibile sia dei volumi di produzione che dell’occupazione.

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Insomma, siamo davanti a un’elemosina, sicuramente gradita per Mirafiori, ma si esige la cena adesso. Il dibattito in corso non riguarda solo il numero di nuovi dipendenti, ma la direzione strategica che l’amministratore delegato, Antonio Filosa, e il suo entourage intendono imporre alla produzione italiana.

Il discorso di Filosa, infatti, si è soffermato sulla vitale opportunità di sviluppare le cosiddette kei car europee, cioè quei modelli strategici ultrcompatti e ad alto volume capaci di riempire gli stabilimenti italiani. Al contempo, il CEO ha sottolineato l’importanza di rinnovare l’enorme parco vetture circolante in Europa, un serbatoio di vendite potenziali che, cinicamente, è alimentato dall’età media dei veicoli in circolazione.

Il vero nocciolo ideologico, e forse il più controverso, è l’insistenza sulla neutralità tecnologica. Per Filosa, puntare su un mix di tecnologie (elettrico, ibrido, termico avanzato) è la via maestra per rafforzare il mercato europeo, evitando di scommettere tutto su un unico cavallo elettrico, come ha invece fatto la Cina. Questa strategia, anche se pragmatica dal punto di vista industriale, è spesso vista con scetticismo da chi teme che sia solo un modo per ritardare l’inevitabile transizione.

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Le 400 assunzioni torinesi di Stellantis, intanto, sono un gesto politico tanto quanto economico, un tentativo di dimostrare l’impegno in Italia in un momento di grande tensione sindacale e governativa. Resta l’amaro in bocca per il sindacato, che pur lodando l’iniziativa, ricorda che il vero obiettivo non sono i pochi contratti firmati, ma la garanzia di un futuro industriale solido e a lungo termine.