Il “piano di rilancio” presentato da Stellantis al governo era stato accolto con grande enfasi sui media e da un’opinione pubblica consapevole dell’importanza rivestita da un automotive in salute. E all’interno di quel piano, lo stabilimento di Melfi aveva assunto il ruolo di una vera e propria fucina di nuovi progetti. Ben sette le vetture messe in preventivo, al suo interno, che però ora assomigliano non troppo vagamente ad un vero e proprio miraggio. L’azienda, infatti, provvederà al taglio di 500 posti dall’organico. Ovvero quasi il 10% dei 5.050 dipendenti che ormai da tempo sono costretti a fare i conti con il contratto di solidarietà.
Stellantis: cosa sta succedendo a Melfi?
Nel prossimo mese di agosto, il contratto di solidarietà al momento vigente nello stabilimento Stellantis di Melfi andrà in scadenza. A quel punto, il gruppo italofrancese procederà con la riduzione della sua forza lavoro. Un modus operandi che è già noto alle maestranze di Pomigliano d’Arco e Pratola Serra, anche se in quei casi ha riguardato meno persone.

Al dato di Melfi si aggiunge poi quello di Termoli. Nell’impianto molisano, infatti, alla sospensione del progetto relativo alla costruzione di una gigafactory per la produzione di batterie, va aggiunta la pratica dismissione del reparto addetto al motore Fire.
Una serie di notizie che sembrano aprire scenari sempre più foschi. Totalmente contrari all’enfasi e all’ottimismo che il governo aveva riservato alla presentazione del piano di Stellantis. E che sembrano preludere alla ripresa dello scontro tra le controparti che aveva caratterizzato i mesi precedenti all’evento.
A Melfi i numeri sono impietosi
Per quanto concerne i dati, il primo trimestre dell’impianto di Melfi sono assolutamente negativi. Rispetto allo stesso periodo di un anno fa, i volumi si sono ridotti nell’ordine del 64,6%, ovvero 16.210 auto in meno.
Dopo che la produzione della 500X è stata sospesa, i lavori riguardano Jeep Compass e Renegade, cui si aggiungono i primi modelli della DS8. Per fare fronte alla situazione, si procederà quindi al taglio di 500 posti, cui si andranno ad aggiungere altri 250 operai spostati in prestito ad altri impianti. E, ancora, l’incentivazione dell’uscita su base volontaria, una pratica già in uso dal 2021, tanto da aver già interessato quasi 2mila addetti.
Lo svuotamento di Melfi, di conseguenza, sembra ormai inevitabile. Come è del resto stato affermato da Giorgia Calamita, segretaria generale della FIOM Basilicata, con queste parole: “Il rischio quindi di uno svuotamento di Melfi si fa sempre più concreto nonostante gli annunci dei nuovi modelli”.
La ricaduta sull’indotto è non meno drammatica
La stessa Calamita ha poi chiesto all’azienda garanzie sul turnover, sperando che in questo caso non si tratti di semplici parole. L’azienda, infatti, per ora non ha fornito alcuna risposta alle domande relative al futuro produttivo e occupazionale. Limitandosi a sostenere che è tutto legato alla domanda e al mercato. E, di conseguenza, alla risposta dei consumatori rispetto ai nuovi modelli.
Modelli che, però, tardano ad apparire, causando ulteriore preoccupazione. Anche perché la situazione rischia di farsi pesante anche per l’indotto. La FIOM-CGIL, infatti, ha dal canto suo puntato l’obiettivo sulla componentistica. Sollevando timori per le possibili ricadute su una realtà ove la situazione è già drammatica.
Va ricordato che oltre alla DS8, nel prossimo mese di giugno dovrebbe iniziare la produzione della Compass elettrica. Mentre entro la fine dell’anno dovrebbe iniziare quella della pre-serie della Compass in versione ibrida, destinata a sua volta ad entrare in produzione dal primo semestre del 2026. Un avvio che riguarderà anche la DS7, nella doppia motorizzazione ibrida ed elettrica. Nel secondo semestre del 2026, infine, dovrebbe avviarsi alle linee di produzione anche la nuova Lancia Gamma, sia ibrida che elettrica.
Stellantis va verso la dismissione degli impianti italiani?
Messi insieme uno sull’altro, i dati in questione sembrano andare in una direzione del tutto contraria a quella indicata da Stellantis nel suo piano di rilancio. Tanto da destare allarme nelle centrali sindacali interessate.

È stato Samuele Lodi, responsabile nazionale per il settore mobilità di FIOM-CGIL a sottolinearlo, con queste parole: “Tutto questo accade quando ancora non è stato scelto l’amministratore delegato del gruppo e quindi siamo ancora in assenza di un piano industriale per il rilancio degli stabilimenti italiani. Sembra si stia configurando un vero e proprio piano di dismissione dall’Italia. Per tali ragioni, la Fiom-Cgil non ha firmato gli esuberi”.
Per poi aggiungere ,a richiesta di un confronto reale a Palazzo Chigi con John Elkann. Con una missione di non poco conto, il conseguimento di un accordo in grado di “garantire l’occupazione e il futuro dell’automotive nel nostro Paese”. In assenza del quale, l’Italia potrebbe ritrovarsi senza un settore in passato fiorente.