Chi pensava che il crollo delle vendite di Tesla in Europa fosse un semplice incidente di percorso, sembra ormai essere in aperto conflitto con la realtà dei fatti. Basta infatti dare una rapida occhiata ai dati di vendita del passato mese, per notare come si tratti del quarto consecutivo di calo su diversi mercati chiave. Anzi, più che cali si tratta di tracolli. Ad aprile, infatti, non meno di tre grandi Paesi hanno dovuto registrare cali su base annua superiori al 59%. Tali da spingere più di qualche osservatore a suonare le campane a morto, per la casa diretta da Elon Musk.
Tesla, altro che calo temporaneo
Per Tesla la tempesta non si placa. Chi pensava che la flessione di vendite fatta registrare negli ultimi mesi fosse un semplice calo temporaneo dovuto al passaggio alla nuova Model Y si sta rivelando sin troppo ottimista.

Le vendite di Tesla stanno letteralmente precipitando in rosso. In Francia, le consegne sono diminuite del 59,4% rispetto ad aprile dello scorso anno, con solo 863 veicoli venduti. La Danimarca ha registrato un calo del 67,2%, portando il totale mensile a sole 180 auto. Ma, come riportato da Reuters, è la Svezia ad aggiudicarsi il premio per il crollo più drammatico: le vendite sono diminuite dell’80,7%. Sono infatti passate da 1.052 unità dello scorso aprile alle sole 208 di quest’anno.
La tendenza generale, del resto, non sembra molto migliore. Le vendite complessive di Tesla in Europa sono diminuite del 28,2% a marzo e aprile sembra destinato a mostrare risultati ancora peggiori una volta che i dati completi saranno disponibili. In Norvegia, i dati di OFV mostrano che la quota di mercato di Tesla è scesa dal 18% ad appena l’11% rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso.
No, non è il restyling della Model Y la causa del disastro
Nel frattempo, le case automobilistiche cinesi hanno fatto un passo avanti, conquistando il 12% del mercato norvegese. Un comportamento che non è stato difficile da notare. E tale da spingere molti ad affermare che ormai si tratta di una crisi vera e propria.
A tal proposito è stata molto chiara OFV, che ha affermato al proposito: “Tesla è lontana dai livelli a cui siamo abituati; non si può fingere il contrario”. E il problema è reso ancora più grosso dal fatto che non si hanno idee sul modo di superare una situazione che promette ulteriori peggioramenti, più che possibili miglioramenti.
A dimostrare la confusione e lo smarrimento che regnano sovrani all’interno della casa californiana è proprio il tentativo di attribuire la sua debole performance nel corso del primo trimestre dell’anno al fatto che i mercati non hanno ancora metabolizzato l’arrivo della nuova Model Y. Il passaggio di produzione dalla Model Y uscente alla versione aggiornata non può infatti essere applicata all’Europa, che ha ricevuto il restyling all’inizio dell’anno.
Una tempesta perfetta
Il problema di Tesla, in effetti, è che si stanno unendo le varie tessere di un puzzle che rischia di essere ingestibile, per l’azienda. La sempre più forte pressione da parte dei marchi rivali, infatti, si è andata a mixare all’improvvida decisione di Elon Musk di scendere nell’arena politica.
Sino a quando il CEO si è limitato ad esprimere le sue idee, infatti, non è accaduto praticamente nulla. Ma quando è entrato a far parte dell’amministrazione Trump, ha praticamente reso evidente il conflitto d’interessi connesso all’evento. In un Paese, gli Stati uniti, ove questo conflitto è preso molto sul serio.

Ora, proprio di fronte a dati di vendita che assomigliano ad un bollettino di guerra, sarà interessante vedere come Tesla proverà a risalire la corrente. E un ostacolo di non poco conto, in tal senso, potrebbe essere rappresentato dalla sua stessa dirigenza.
Robyn Denholm, presidente dell’azienda, ha infatti raccolto più di 100 milioni di dollari vendendo quantitativi di azioni della società fino allo scorso marzo. E dopo questa data ha continuato a farlo. Come possono, gli investitori, prendere sul serio una casa di cui il suo numero uno vende le azioni in maniera così massiccia?