BYD, colosso cinese dei veicoli elettrici, si prepara a scuotere il mercato europeo con il lancio della nuova Dolphin Surf, proposta a un prezzo d’ingresso estremamente competitivo. Un valore che fa riflettere, soprattutto se si considera la qualità crescente dei modelli elettrici made in China. La notizia è stata ripresa anche dalle emittenti e dalle testate più importanti a livello internazionale, che, pur riconoscendo l’evoluzione stilistica e tecnica delle auto elettriche cinesi, non hanno, talvolta, mancato di riportare, come da copione, presunte “preoccupazioni per la sicurezza dei dati”. Tutta una strategia di terrorismo mediatico costruita ad hoc?
Un argomento ricorrente nei media occidentali ogni volta che un marchio cinese conquista quote di mercato: e se questi veicoli trasmettessero dati sensibili a Pechino? Questa narrativa, sempre più stereotipata, riflette però un malcelato timore di perdere terreno nella corsa tecnologica globale.

Per alcuni, l’avanzata cinese nel settore della mobilità sostenibile non è un’opportunità, ma una minaccia sistemica. Eppure, il successo degli elettrici cinesi come quelli firmati BYD dovrebbe essere accolto come un segnale positivo per la transizione ecologica, e non etichettato con sospetto.
Quella che si sta definendo come “corsa al ribasso” sembra più una spinta a screditare piuttosto che informare sugli elettrici cinesi. Si dovrebbe gioire poiché la Cina ha reso l’energia solare e i veicoli elettrici accessibili a tutti. E molti utenti sui social sembrano anche d’accordo: la narrazione occidentale appare sempre più dettata da paure ideologiche da Guerra Fredda, piuttosto che da un’analisi oggettiva. Il paradosso è evidente: quando Tesla guida il cambiamento, è progresso. Ma quando sono le case cinesi a proporre elettrici economici e tecnologicamente avanzati, si grida al “pericolo strategico”.
Tutto potrebbe portare a una considerazione, a questo punto, rosea della conquista cinese del mondo dell’auto (in pratica) globale. Ma questo modello industriale che ancora mostra qualche falla sulla sicurezza e sulle condizioni dei lavoratori spinge al ribasso anche le condizioni degli altri lavoratorti nel mondo. Non solo: siamo sicuri che la transizione all’elettrico è così condivisa e l’unica vera soluzione al problema del cambiamento climatico? Le resistene ci sono, e sono pure tante.

Sicuramente, tra i cinesi di successo, un brand come BYD non è certo un improvvisato: con decine di migliaia di ingegneri, investimenti miliardari e oltre 30.000 brevetti internazionali, ha costruito il suo vantaggio sulla base dell’innovazione autentica, non di dumping o sconti artificiali. La Cina potrebbe anche aver già vinto sul campo dell’efficienza e della sostenibilità, ma noi siamo pronti a questo nuovo capitalismo d’Oriente?