Accordo Stati Uniti-Cina salva la crisi europea dei chip? Non proprio

L’importanza di questo accordo che risolve la crisi dei chip è innegabile, ma non è cruciale per il destino europeo.
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Dopo giorni di allarme rosso e war room piene di manager esasperati, l’industria auto può tirare un sospiro di sollievo, Stati Uniti e Cina hanno raggiunto un’intesa che sbloccherebbe la crisi dei chip, nello specifico dei noti semiconduttori, cruciali per il funzionamento di molte componenti dei veicoli, elettrici e non.

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L’accordo siglato tra le due potenze riguarda in particolare Nexperia, il produttore olandese controllato dal gruppo cinese Wingtech Technology e di recente “nazionalizzato” dai Paesi Bassi.

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La Casa Bianca ha ottenuto da Pechino la promessa di adottare “misure adeguate” per garantire la ripresa delle attività dagli stabilimenti Nexperia in Cina, consentendo la produzione di chip fondamentali per il resto del mondo. In parallelo, gli States differiranno di un anno la decisione su nuove restrizioni a carico di alcune sussidiarie cinesi. Un classico do ut des che mette in pausa la guerra tecnologica, almeno per salvare le auto europee.

La conferma cinese è arrivata a stretto giro tramite il Ministero del Commercio, che ha annunciato la revoca parziale delle restrizioni all’export imposte a Nexperia. Pechino consentirà la ripresa delle spedizioni dei chip “nei casi idonei”, una formula che, anche se ambigua, garantisce la discrezionalità, ma riflette la volontà di “bilanciare la sicurezza nazionale con la stabilità delle catene di approvvigionamento globali”.

Non poteva mancare la stoccata al “piccolo” della faccenda, i Paesi Bassi, criticati ancora aspramente per quella che è definita “un’interferenza impropria negli affari interni delle imprese”.

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L’importanza di questo accordo è innegabile ma non è cruciale per il destino europeo. Nexperia, che nel 2024 ha registrato 2 miliardi di dollari di ricavi (di cui il 60% proveniente dal settore automotive), fornisce componenti essenziali come diodi e transistor. Non parliamo di microprocessori di ultima generazione, ma di chip già affermati da tempo la cui carenza aveva rapidamente bloccato diverse linee di montaggio in Nord America ed Europa. L’intera industria, quindi, era sull’orlo di una crisi sistemica a causa di un diomo da pochi centesimi.

Adesso, anche se l’intesa sia rassicurante e sia arrivata anche sotto la forte pressione delle aziende del settore auto ed elettronico, l’assenza di tempistiche dettagliate lascia aperta la possibilità che le interruzioni della filiera possano comunque verificarsi di nuovo nel breve periodo. Le due maggiori potenze mondiali si sono messe d’accordo per garantire la sopravvivenza della filiera dell’automotive, ma mentre il “chip della discordia” resta un elemento di possibile nuova diatriba, l’Europa resta ancora appesa a un filo, dipendente dagli umori di Pechino.