Auto elettriche, la “necessità imposta” per combattere il cambiamento climatico

Benvenuti nel mondo della transizione ecologica imposta, dove il mantra è semplice: “Comprate auto elettriche o siete nemici del pianeta”.
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Non serve un genio per capire, come in molti fenomeni commerciali, quante contraddizioni e incoerenze stanno minando la transizione verde, soprattutto in Europa. In un momento in cui la battaglia contro il cambiamento climatico sembra attraversare una fase di stallo politico, la questione della (più che incentivata) diffusione della auto elettriche non può che restare al centro del dibattito pubblico.

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Nel nostro Paese, non possiamo non porre l’accento sul ritardo infrastrutturale. La rete di ricarica resta pressoché assente, mentre il costo di un’auto a batteria è ancora fuori portata per molte famiglie. A ciò si aggiunge una dipendenza dall’estero per le fonti rinnovabili, con il paradosso che un Paese soleggiato come l’Italia sfrutta solo in minima parte il proprio potenziale fotovoltaico. La stessa installazione di impianti solari è rallentata da costi burocratici e autorizzazioni complesse, che arrivano a incidere fino al 20% sul prezzo finale.

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Inoltre, sembra muoversi su tre velocità la transizione: negli States cresce il negazionismo climatico, in Cina, invece, le auto elettriche ottengono la targa in 24 ore, contro i 12 mesi per le termiche. In Europa, il Green Deal ha prodotto l’effetto contrario: parco circolante sempre più vecchio, incentivi mal distribuiti e crescita del solo mercato dell’usato. Dei 680 milioni del PNRR destinati alle colonnine, ben 560 sono stati reindirizzati a bonus acquisto per auto elettriche per chi ha un ISEE sotto i 30.000 euro. Ovvero per chi l’auto elettrica, quella presumibilmente più redditizia per i brand, non se la può proprio permettere.

Senza coerenza e visione a lungo termine, la sostenibilità rischia di restare un’etichetta vuota. E dunque, benvenuti nel mondo della transizione ecologica imposta, dove il mantra è semplice: “Comprate auto elettriche o siete nemici del pianeta”.

Negli ultimi anni, le istituzioni hanno deciso che il futuro è elettrico. Punto. A diversi livelli, i vertici politici hanno premuto sull’acceleratore della burocrazia verde: divieti ai motori termici, incentivi (non troppo realistici) a pioggia e una valanga di spot motivazionali sul fatto che “salveremo il pianeta, un’auto alla volta”.

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La parte noiosa resta nelle domande più urgenti dei cittadini: dove la ricarico se parcheggio in strada? Come la pago se costa il doppio di una normale? E se tutta questa corrente “pulita” in realtà arriva ancora dal carbone? Interrogativi di chi non si pone a priori contro un’ideologia, una spinta commerciale, ma di chi chiede coerenza, investimenti e buon senso.

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Le vendite (relativamente al nuovo, si intende) sono in calo mentre, intanto, le emissioni rimangono stabili. Certo, possiamo dormire tranquilli, sapendo che in Cina bastano 24 ore per immatricolare un’elettrica, mentre in Italia bisogna pregare per il fotovoltaico. Costa praticamente di più montare i pannelli che costruire una Tesla. I veri protagonisti della rivoluzione ecologica, intanto, cittadini, famiglie e aziende, arrancano dietro a slogan e obblighi scritti su carta patinata.

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