Auto termica in Europa: la questione meridionale con l’Italia protagonista assoluta

La quota mercato di auto termiche è dell’84,7% in Europa, ma schizza al 95% in Italia.
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Mentre l’Europa accelera la sua transizione verso la mobilità verde, con le auto elettriche al 15,3% di quota mercato ad aprile 2025, l’Italia dorme col 5%: morale, le vetture termiche sono all’84,7% nel Vecchio Continente e volano al 95% nei nostri confini. A tirare verso il basso l’elettrificazione è tutto il Sud della macroregione UE: all’interno, spicca il malessere della nostra nazione; più specificamente, quello del Meridione del Belpaese.

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Un’analisi condotta dall’Öko-Institut per Transport & Environment esplora la vulnerabilità dei trasporti derivante dalla dipendenza dalle auto a combustibili fossili. La transizione è diseguale, con disparità regionali e barriere all’adozione dei veicoli elettrici. Francia e Germania sono in testa con il 17% e il 14% delle vendite di auto nuove nel 2024, mentre Polonia, Italia e Spagna sono indietro (3%, 4% e 6%). L’accessibilità economica rappresenta il principale ostacolo. Con prezzi medi intorno ai 40.000-45.000 euro, le full electric rimangono fuori dalla portata di molti. I sussidi avvantaggiano principalmente le famiglie e le aziende più abbienti, mentre le famiglie a medio reddito si affidano a un mercato dell’usato con volumi limitati di auto elettriche. Anche le flotte aziendali, fondamentali per alimentare questo mercato, sono lente nella transizione.

Auto vitale

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L’Italia ha la più alta densità di vetture, con 6,9 auto ogni 10 abitanti, seguita dalla Polonia con 6 auto ogni 10 abitanti. La media europea si attesta a 5,7 vetture ogni 10 abitanti. In tutti e cinque i paesi, almeno l’80% della distanza percorsa è in auto: l’82% in Italia, l’85% in Francia, Spagna e Polonia e l’89% in Germania. Il numero di veicoli in circolazione è in costante aumento, trainato dalla crescita demografica e dall’espansione delle aree urbane e suburbane.

La macchina svolge un ruolo dominante nella mobilità europea, soprattutto perché l’uso di mezzi alternativi rimane limitato. Il trasporto pubblico è utilizzato regolarmente da una percentuale compresa tra il 21% e il 36% della popolazione, con il 36,4% in Spagna, il 35,4% in Polonia, il 27,9% in Germania, il 25,3% in Francia e il 20,9% in Italia. Queste cifre medie riflettono significative variazioni regionali, con aree densamente popolate ben servite dal trasporto pubblico in contrasto con regioni più remote e rurali, dove la dipendenza dall’automobile è molto maggiore. Le famiglie francesi che possiedono un mezzo privato dedicano in media il 6,9% del loro budget totale al carburante; quelle tedesche spendono significativamente meno, con il 4,6%, mentre Italia (5,7%), Polonia (6,0%) e Spagna (5,3%) si collocano in una posizione intermedia.

Usato diesel over 10 anni in Italia: che amore

Se l’elettrico da noi non va, e se il mercato del nuovo è asfittico, invece l’usato vola. A marzo 2027 addirittura 497.573 trasferimenti di proprietà, ossia la settima crescita consecutiva, con un +3,8% rispetto ai 479.439 di marzo 2024 (-0,6% sul 2019). I trasferimenti netti crescono del 2,4%, mentre le minivolture segnano un +5,6%. Nel 1° trimestre l’incremento è del 3,4% con 1.450.742 trasferimenti (-0,7% sul 2019). Il diesel è adorato, al 42,5% di quota (-2,7 punti percentuali); il motore a benzina cede un decimale al 38,6% nel mese.

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Se le Regioni non imponessero blocchi (ora il Bacino Padano vuole stroncare le diesel Euro 5) e se i Comuni non stoppassero le macchine a gasolio con le ZTL (Milano ma non solo), questi mezzi avrebbero dati di vendita nell’usato ancora più forti. Piace il vecchio: la quota dei trasferimenti netti di vetture con oltre 10 anni di anzianità scende al 47,5%, 0,3 punti in meno rispetto a marzo 2024. Quella di auto da 4 a 6 anni vale l’11,4%, in calo di 1,9 punti sullo stesso mese 2024. Da 6 a 10 anni il 17,6%. Al Sud Italia, con pochissime o zero limitazioni, il vecchio usato diesel va al galoppo. 

No ai furbetti delle fake BEV mischiate con le PHEV

Questi i veri numeri. Invece, alla larga dai furbetti dei siti web e dei social che fanno un mischione: uniscono elettriche BEV con termiche a benzina ricaricabili PHEV. In modo che i dati delle full elettric si gonfino. Tutte le statistiche e le previsioni sulle macchine a corrente in Italia, in Europa e nel mondo che trovate in certi portali sono fasulle, manipolate ad arte.

Servono colonnine per l’elettrico con l’AFIF per le lacune del Meridione UE

Servono colonnine per l’elettrico con l’AFIF per le lacune del Meridione UE

T&E evidenzia come lo strumento di finanziamento UE a sostegno della ricarica pubblica sia carente. Un’iniziativa volta a colmare questa lacuna dovrebbe essere una priorità per il Piano di Investimenti per i Trasporti Sostenibili (STIP) del Commissario Tzitzikostas, dice. Lo Strumento per le Infrastrutture sui Combustibili Alternativi (AFIF) è un sistema di finanziamento chiave dell’UE a sostegno dell’implementazione di infrastrutture per il pieno di elettroni e di combustibili alternativi in ​​tutta Europa, in particolare per il trasporto su strada.

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Con 2,3 miliardi di euro stanziati tra il 2021 e il 2025 (578 milioni di euro rimanenti dopo febbraio 2025), la maggior parte dei prestiti ha finora sostenuto la ricarica pubblica dei veicoli elettrici (62%) e il rifornimento di idrogeno (23%). I fondi AFIF finiranno a giugno 2025. Ciò crea un imminente deficit per il 2026-2027, che rischia di bloccare la realizzazione dei punti di ricarica. Soluzione, per la lobby green: reperire 1,25 miliardi di euro col Recovery and Resilience Facility (RRF), col Fondo europeo di sviluppo regionale (FESR) o col Fondo di coesione (FC). Per colmare le lacune rimanenti nella rete di ricarica per i veicoli leggeri principalmente nei Paesi meridionali, centrali e orientali.

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