Nella sua battaglia per rimodulare gli obiettivi ambientali in vista del 2035 e del bando alle auto termiche, contro cui il governo di centrodestra si oppone, Adolfo Urso e Matteo Salvini sembrano aver trovato un alleato nella Germania. Il vicecancelliere tedesco e ministro dell’Economia Robert Habeck, infatti, dopo un incontro con le case automobilistiche e i rappresentanti dei sindacati, ha dichiarato che sosterrà l’anticipo della revisione degli standard di Co2 prevista per il 2026.
La dichiarazione è arrivata al termine di una tavola rotonda con il Ministro delle Imprese e del Made in Italy. Queste le parole di Habeck: “Il desiderio della tavola rotonda era quello di sostenere che ciò avvenisse già nel 2025. Sono felice di appoggiare questa richiesta”. Tanto da spingere Urso a toni trionfalistici, affermando che la proposta italiana starebbe trovando sempre più consenso nelle cancellerie europee. Ma è realmente così? Vediamo meglio cosa sta accadendo.
La Commissione Europea si dichiara subito contraria alla proposta italiana
A stretto giro di posta è arrivato il primo diniego alla proposta relativa all’anticipazione al 2025 della revisione del regolamento europeo sui veicoli leggeri. Ovvero quello che sfocerà infine nella vendita esclusiva di auto elettriche dal 2035.
Si tratta peraltro di quello più importante in assoluto, provenendo proprio dalla Commissione Europea, che per ora non sembra disposta ad alcun cedimento sulla linea assunta. Tanto da affermare tramite un portavoce: “Il riesame delle norme Ue che fissano lo stop alla produzione di auto a diesel e a benzina nel 2035, fissato nel 2026, per il momento non è appropriato.” Per poi aggiungere che il percorso verso il 2035, deve essere graduale e che sarebbe in atto molto lavoro teso a creare le giuste condizioni per la transizione.
Anche in questo caso, però, occorre attendere almeno il primo giorno di dicembre. Ovvero quello dell’insediamento della nuova Commissione, che sembra aver messo in un cantuccio il Green Deal. Il nuovo esecutivo europeo, quindi, almeno sulla carta potrebbe riservare una migliore accoglienza alle posizioni di Italia e Germania.
Occorre anche sottolineare che la Germania, se da un canto apre all’Italia, dall’altro chiude all’ipotesi di rivedere il bando alle auto termiche del 2035. Lo stesso Habeck, infatti, ha affermato: “Non ho detto di essere a favore di un allentamento dei requisiti. Lo stop alle endotermiche nel 2035 è essenziale per raggiungere la neutralità climatica entro il 2050 e non va messo in discussione”. Forse su questo punto dovrebbe riflettere più attentamente Urso, per non restare con il classico cerino acceso in mano.
Bando motori termici, Matteo Salvini torna all’assalto
Come al solito, quando c’è di mezzo la politica italiana, il tutto si riduce ad impugnare bandierine da sventolare di fronte all’opinione pubblica. Non fa eccezione Matteo Salvini, vicepremier e Ministro dei Trasporti, che ha rilasciato la seguente dichiarazione: “Non ascoltano nessuno, massacrano le aziende, mettono a rischio 14 milioni di posti di lavoro, fanno un favore alla Cina. Cara Ursula, errare è umano, perseverare sarebbe diabolico. Lega e Patrioti pronti alle barricate!” Lo ha fatto replicando alla Commissione Europea, evocando barricate che quasi sicuramente si risolveranno in una boutade.
Anche perché per ora il termine del 2035 è molto lontano e sarà preceduto da un altro obiettivo. Ovvero quello relativo alla riduzione delle emissioni medie per veicolo, che per il 2025 è fissato a 93,6 g/km. Un obiettivo cui le case costruttrici arrivano in ordine sparso. Se Stellantis, BMW e Toyota sembrano ormai prossimi a rientrare nei target previsti, così non è per Volkswagen e Renault.
Un ordine talmente sparso da spingere il CEO di Stellantis, Carlos Tavares, a indicare come surreale un rinvio, e quello di Renault, Luca de Meo, a chiederlo in maniera decisa. Ove l’UE non accogliesse tale richiesta, il conto per molte case costruttrici sarebbe molto salato, quantificato in una quindicina di miliardi di euro da ACEA, la lobby dei costruttori europei, cui Stellantis non partecipa.
La divisione non è tra Stati, ma passa all’interno di essi
La questione agitata dal governo italiano, sta peraltro provocando spaccature all’interno dei singoli Paesi, come dimostra il fatto che possiamo trovare aziende tedesche e francesi su entrambi i lati della barricata. A testimonianza dell’incapacità di fare sistema in Europa, facilitando in tal modo la penetrazione di quelle auto elettriche cinesi che proprio del sistema Cina si avvantaggiano.
Una penetrazione cui Bruxelles pensa di opporsi coi dazi, esponendo le sue case alle ritorsioni di Pechino, che sono molto più potenti. La Cina, infatti, rappresenta un mercato che è il più grande a livello globale. Un mercato che prospetta grandi profitti per chi riesca a presidiarlo. Tanto che l’ultimo profit warning di Mercedes e BMW ha visto un abbassamento delle previsioni di utili tale da provocare lo smottamento del loro titolo in borsa.
L’ipotesi di dazi UE sulle auto cinesi, quindi, sta provocando paradossalmente maggiori timori presso le case europee, tedesche in particolare, che in quelle del Dragone. I costruttori cinesi, infatti, stanno già approntando la strategia per aggirarli. Lo dimostra in particolare il caso di BYD, il più grande costruttore mondiale di auto elettriche. L’azienda si è già dotata di uno stabilimento in Ungheria. Una vera e propria testa di ponte in Europa, ove assemblare i modelli e invadere il mercato continentale.
I rapporti tra Cina e Ungheria sono ottimi, al di là delle differenze ideologiche. Tanto da indurre il ministro degli Esteri magiaro Péter Szijjártó a dichiarare che il suo paese si oppone ai dazi UE sulle auto elettriche cinesi. Mentre Leapmotor International, la joint venture tra Stellantis e l’azienda cinese di auto elettriche Leapmotor, è ormai in lista di sbarco in Europa coi suoi modelli, a partire dalla city car C10 e dal suv T03, ovviamente full electric.
Il M5S contro Urso sul bando motori termici 2035
Naturalmente, la battaglia sul bando motori termici 2035 non risparmia neanche la scena politica tricolore. Su questo fronte, infatti, è da registrare la nota congiunta rilasciata da due parlamentari del Movimento 5 Stelle, Dario Tamburrano e Valentina Palmisano. In cui sono scolpite le seguenti parole: “Adolfo Urso si comporta sempre di più come il Don Rodrigo dei Promessi sposi, spregiudicato e pronto a tutto pur di distruggere il settore dell’elettrico, l’unico in grado di far risparmiare i cittadini abbattendo contemporaneamente le emissioni inquinanti nel settore dei trasporti. L’ultima fake news di Urso è quella che il mercato delle auto elettriche sia in crisi che quindi bisogna modificare, se non cancellare, la transizione verso l’elettrico e lo stop alle auto inquinanti”.
Quella sulla crisi del mercato delle auto elettriche non è però una bufala, come del resto dimostra quanto sta accadendo a Mirafiori, ove è stata sospesa la produzione della 500 elettrica. Un problema che magari andrebbe affrontato senza sparate ideologiche, come richiesto da Giorgio Airaudo, storico esponente del sindacalismo collegato al settore automobilistico. Questa la sua dichiarazione in merito: “Il governo gioca con la pelle dei lavoratori perché non si può tenere l’Italia fuori dall’occasione dell’auto elettrica e dell’auto ecologica. Anzi bisogna costruire un ambiente ideale per queste produzioni”.