La Cina ha prodotto addirittura 11,9 miliardi di tonnellate di emissioni di carbonio all’ultimo conteggio del 2023, secondo i dati del Global Carbon Budget. Ossia più delle altre cinque nazioni più inquinanti messe insieme. Nel mentre l’UE, con le sue emissioni bassissime, intende svuotare l’oceano con un cucchiaio grazie al Green Deal 2019 e al ban termico 2035, ammesso e non concesso che le BEV inquinino meno delle termiche (produzione e smaltimento delle batterie, estrazione dei minerali, risorse impiegate per le Gigafactory sono fattori straordinariamente inquinanti).

In compenso, la disoccupazione automotive in UE è da infarto, anche a causa dell’auto elettrica: ai 13 mila tagli Bosch da qui al 2030, si sommano le altre “sforbiciate” della multinazionale, circa 100 mila disoccupati nell’indotto, altri 50 mila nel 2026, e le incertezze pesanti dei big della produzione, con il piano di ristrutturazione VW, le chiusure temporanee della stessa VW e di Stellantis.
Emissioni record in Cina: le promesse di Pechino
Il presidente cinese Xi Jinping ha annunciato che il Paese più inquinante al mondo – responsabile di oltre il 31% delle emissioni globali di CO2 – punterà a ridurre le sue emissioni. Target entro il 2035: -7% minimo e -10% massimo.Xi ha promesso che il Paese aumenterà di sei volte la sua energia eolica e solare rispetto al livello riportato nel 2020. Ora si ha a che fare con la posizione contraddittoria del Dragone: come leader mondiale nelle energie rinnovabili e nazione da primato per le emissioni.
La dichiarazione storica della Cina arriva mentre i Paesi si affrettano a presentare nuovi piani climatici entro la fine del mese in preparazione per la COP30 di novembre. Come parte dell’Accordo di Parigi sul clima del 2015, i leader mondiali stanno prendendo ulteriori impegni per ridurre le emissioni di combustibili fossili nel tentativo di limitare l’aumento della temperatura globale a lungo termine a 1,5 gradi Celsius.
Auto: cosa fanno UE e USA
L’UE insiste con l’elettrico, il bando termico 2035: è parte del pacchetto normativo Fit for 55 e della strategia più ampia del Green Deal europeo per raggiungere la neutralità climatica entro il 2050. PPE ha formalizzato una richiesta per una revisione anticipata della legislazione (già nel 2025 anziché nel 2026), chiedendo di cancellare o allentare il divieto: rischi immensi per l’industria automobilistica europea in termini di posti di lavoro, investimenti e dipendenza dalla Cina per le batterie. I 27 arrivano disuniti alla COP30, senza un vero progetto che manifesti coesione. Vari esponenti (come Mario Draghi), mettono in discussione la sostenibilità economica e sociale della transizione forzata verso l’elettrico.
Gli USA aboliscono il mandato elettrico di Biden, con Trump che ha ribadito la sua posizione anti-clima nel suo discorso alle Nazioni Unite di martedì. The Donald, infatti, ha proceduto a ritirare gli Stati Uniti – il secondo maggiore inquinatore di carbonio a livello globale – dall’Accordo di Parigi nel suo primo giorno di inquilino della Casa Bianca all’inizio di quest’anno. Motivo per cui vari colossi dell’auto puntano a esportare macchine termiche negli States: valvola di sfogo con la Cina in mano ai marchi locali, e con il mercato UE depresso.