Fornitori auto europei: rischio fallimento elettrico nel 2026

La pressione crescente sui fornitori potrebbe scatenare un’ondata di fallimenti nel 2026: è l’onda lunga dell’auto elettrica.
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Tsunami auto elettrica in Europa: la pressione crescente sui fornitori potrebbe scatenare un’ondata di fallimenti nel 2026, dice Autonews. Con il 70% dell’indotto UE che prevede profitti al di sotto delle soglie di sostenibilità, i principali attori come Bosch, ZF e Aumovio stanno tagliando decine di migliaia di posti di lavoro. Gli esperti avvertono che questa crisi potrebbe innescare interruzioni nella catena per le Case automobilistiche. 

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Un altro dramma si sta consumando dietro le quinte, nelle fabbriche dei fornitori di componenti. Secondo i dati recenti, se il 2025 è stato l’anno dei licenziamenti di massa, con oltre 60.000 esuberi tra Europa e Nord America, il 2026 si preannuncia come l’anno dei fallimenti a catena.

Una slavina a batteria

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È semplice. Prima si vendevano tante auto termiche a prezzi ragionevoli, con l’Europa padrona del proprio destino e della tecnologia nel mondo: se i colossi vanno bene, a ruota i fornitori sorridono. Pagamenti corretti e nelle tempistiche dovute. Oggi, con l’auto elettrica imposta dall’alto che nessuno vuole, l’industria crolla. A cascata, sono dolori per l’indotto: arrivano meno soldi, meno commesse, con pagamenti che slittano. In un effetto domino, i più piccoli ricevono gli schiaffi più forti. Sono gli ultimi a essere pagati e i primi a saltare. Anche perché le loro linee di credito muoiono, con le banche che non credono più nel futuro di quelle aziende.

Capitalismo automotive: prendere o lasciare

Così funziona il capitalismo: brutale, crudele quanto si vuole. Ma se il sistema è questo, allora il termico non andava neppure sfiorato. Serviva la libertà massima e assoluta di produrre e di comprare. Dopo il disastro epocale del Green Deal 2019 tedesco (assieme ai cuginetti Francia e Paesi Bassi), adesso la Commissione UE fa un passo indietro: nel 2035 ok alle termiche per un 10% purché si usino acciaio “verde” più biofuel ed e-fuel. Non basta: la percentuale del 90% crollerà, perché disoccupazione e instabilità sociale spingeranno la politica a una seconda marcia indietro con grattata in discesa. Se tutto questo non va bene, allora bisogna cambiare sistema economico e modello politico. Se invece si persegue la strada del profitto, bisogna puntare dritto sulle tecnologie amiche.

Invece, ci siamo infilati nel tunnel elettrico dove la Cina è ultra dominante. Fa ridere che l’UE voglia prodotti auto Made in Europe elettrici. Chissà dove si andranno a pescare batterie, componenti, minerali (le miniere sono controllate da Pechino).

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Il limbo infuocato prima dell’inferno

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I fornitori si trovano stretti tra l’incudine e il martello: da un lato, le case automobilistiche esigono riduzioni di prezzo per compensare i costi elevati della transizione elettrica; dall’altro, i costi delle materie prime, dell’energia e del debito rimangono ostinatamente alti. Col crollo della domanda di BEV, i fornitori sono in un limbo caro come il fuoco: hanno investito miliardi per riconvertire le linee di produzione verso l’elettrico, ma devono ancora mantenere attive le linee per i motori a combustione per soddisfare la domanda attuale. Gestire due catene di montaggio parallele è finanziariamente insostenibile nel lungo periodo. Si è a un millimetro dall’inferno elettrico.