Giorgia Meloni in pressing sull’UE per le auto a biocarburanti: ecco perché

Il premier italiano spinge affinché i biocarburanti non siano un piccolo correttivo, ma una misura strutturale per il futuro delle auto.
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Una prima vittoria il premier italiano Giorgia Meloni l’ha ottenuto: la Commissione UE ha aperto alle auto a biocarburanti. (prodotti da scarti agricoli, oli vegetali o rifiuti). Ma adesso il presidente del Consiglio spinge di più, e vuole che i biofuel non siano un piccolo correttivo, ma una misura strutturale per il futuro delle vetture. Perché? Facciamo un passo per volta.

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Dal 2035 le Case automobilistiche dovranno rispettare un obiettivo di riduzione delle emissioni dallo scarico del 90% rispetto al 2021. Le restanti emissioni del 10% saranno compensate attraverso due meccanismi. Un 7% di acciaio verde. E un 3% di biocarburanti ed elettrocarburanti. La proposta viene ora analizzata da Parlamento e Consiglio UE: il Trilogo, coi 27 Paesi da mettere d’accordo. La partita si annuncia lunghissima e molto combattuta, con le lobby ultra green dell’auto elettrica che si daranno – legittimamente – da fare per proteggere i propri interessi. Anche se non hanno più il potere del 2019.

Battaglia Italia contro Germania

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I biocarburanti (biofuel) sono l’asso di cuori dell’Italia, grazie anche all’Eni. Giustamente, Meloni pressa l’UE perché il combustibile bio sia un protagonista assoluto dell’automotive europeo. Il prezzo è più o meno quello del diesel. La Germania invece vuole gli elettrocarburanti (e-fuel) su cui scommette fra l’altro Porsche: al livello industriale, il costo è enorme.

Elettrocarburanti e biocarburanti contribuiranno alla decarbonizzazione del trasporto stradale nel suo complesso. Le riduzioni delle emissioni di gas a effetto serra derivanti dall’uso di tali combustibili sono contabilizzate come crediti di carburante per i costruttori, che possono compensare le emissioni di gas di scarico dei loro veicoli.

È la grande occasione del biofuel, che può imporsi una volta per tutte. Un momento magico. L’ideale è che in futuro l’UE abbassasse la quota: è del 100% al 2035, nella proposta è del 90%, potrebbe scendere ancora. Piano piano nel tempo, perché l’industria auto necessita di concretezza e pragmatismo. In questo modo, la percentuale di biofuel potrebbe salire: molto più del 3%. E diventare la chiave del settore automotive europeo, scappando dal flop elettrico.

biofuel

Quale futuro

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I biocarburanti sono drop-in, ovvero pronti all’uso. Possono essere versati nei serbatoi delle auto attuali e distribuiti tramite le pompe di benzina esistenti senza alcuna modifica. Se la macchina – al tubo di scarico – sporca ancora l’aria, comunque nel bilancio complessivo, considerando la CO2 risparmiata durante la produzione di biofuel, siamo quasi a zero. Quella CO2 emessa non è nuova (cioè estratta dal sottosuolo sotto forma di petrolio), ma è la stessa CO2 che le piante usate per il biocarburante avevano assorbito dall’atmosfera durante la loro crescita tramite la fotosintesi.

L’HVO (Hydrotreated Vegetable Oil) è l’esempio principale di biocarburante drop-in per motori diesel. Può essere utilizzato in purezza (100%) in molti motori moderni senza modifica meccanica. Uno dei grandi vantaggi è l’utilizzo delle infrastrutture esistenti. Le pompe di benzina e diesel non devono essere sostituite, i camion cisterna e i depositi attuali sono già compatibili, mentre i costi di transizione sono molto bassi rispetto alla creazione di una rete di ricarica elettrica o di rifornimento per l’idrogeno.