A partire dall’1 gennaio 2026, la Cina introdurrà un regime obbligatorio di licenze di esportazione e controlli doganali per tutti i veicoli elettrici prodotti nel Paese. L’obiettivo dichiarato di Pechino, infatti, è mettere un freno alle esportazioni incontrollate, contenere la guerra dei prezzi e garantire ai clienti stranieri un’assistenza post-vendita più affidabile.
Finora, molti veicoli elettrici cinesi potevano essere inviati all’estero senza una supervisione efficace, creando situazioni paradossali: auto vendute in mercati come quello francese, spesso arrivavano senza ricambi disponibili o supporto tecnico concreto, lasciando gli acquirenti in balia degli eventi. Un problema che è dibattuto da tempo in diversi Paesi europei quando si parla di veicoli tecnologici, scintillanti, certo, ma cinesi.

La strategia di Pechino mira così a correggere due problemi principali: la destabilizzazione dei mercati esteri, dove i produttori locali si trovano a dover competere con prezzi spesso troppo bassi, e (soprattutto) il danneggiamento dell’immagine dei marchi cinesi, percepiti come poco affidabili quando la rete post-vendita non funziona.
Da gennaio, le aziende dovranno quindi ottenere una licenza specifica per esportare, con controlli doganali obbligatori, seguendo lo schema già applicato a veicoli ibridi e tradizionali a combustione interna.
Dietro la mossa c’è anche una logica di consolidamento strategico, non deve stupire. La Cina è diventata il primo esportatore mondiale di automobili nel 2023, superando persino il Giappone. Tuttavia, Pechino vuole mantenere questo primato senza sacrificare la qualità percepita o la stabilità dei mercati internazionali. Come sottolinea Wu Songquan del China Automotive Technology Research Center, la chiave del successo futuro non è più semplicemente invadere i mercati, ma “costruire una reputazione duratura” attraverso la standardizzazione dei processi e un’esperienza cliente solida, come hanno fatto i marchi europei, giapponesi e americani.

Il provvedimento arriva in un momento di forte espansione delle vendite nei mercati emergenti, dal Medio Oriente all’Africa e all’America Latina, regioni dove la domanda di veicoli elettrici cinesi sta crescendo rapidamente. Tuttavia, l’assenza di reti di assistenza solide e la concorrenza sui prezzi rischiano di minare la fiducia dei clienti, un problema che Pechino ora intende risolvere con regolamentazioni più severe.
Le previsioni rimangono comunque ambiziose e secondo Cui Dongshu, segretario generale della China Passenger Car Association, entro il 2030 la Cina potrebbe esportare fino a 10 milioni di veicoli elettrici all’anno, mentre le vendite interne potrebbero raggiungere 30 milioni di unità, con un potenziale di crescita particolarmente alto nelle zone rurali e occidentali, ancora poco motorizzate.