Il settore dell’automotive elettrico cinese, da tempo celebrato come un modello di crescita fulminea e innovazione, è oggi teatro di uno scontro feroce tra le principali case produttrici del Paese. Al centro della polemica troviamo BYD, gigante della mobilità sostenibile con sede a Shenzhen, accusata apertamente da più fronti di pratiche industriali e commerciali scorrette, che stanno destabilizzando tanto il mercato interno quanto quello europeo.
BYD ha sfruttato massicci sussidi statali per immettere sul mercato una quantità elevatissima di veicoli, generando un eccesso di offerta che ha causato il crollo dei prezzi. A peggiorare le cose, la Casa cinese ha abbassato drasticamente i listini, danneggiando così anche i concorrenti nazionali, in un gioco al ribasso considerato sempre più insostenibile.

Il malcontento ha raggiunto l’apice durante il China Chongqing Auto Forum 2025, uno degli eventi automobilistici più rilevanti in Asia, dove le critiche si sono fatte pubbliche e taglienti. Marchi di peso come Geely (che controlla Volvo) e Great Wall Motor hanno puntato il dito contro BYD, accusandola di concorrenza sleale, scarsa trasparenza e manipolazione dell’opinione pubblica.
La replica del colosso di Shenzhen non si è fatta attendere. Li Yunfei, dirigente di alto profilo di BYD, ha controbattuto con dichiarazioni al vetriolo, bollando le rivali come “maliziose e disoneste”, accusandole a loro volta di orchestrare “campagne diffamatorie” e “tattiche scorrette” per screditare l’azienda. La tensione, già palpabile, era stata anticipata da Wei Jianjun, CEO di Great Wall, che aveva descritto il settore come una bomba a orologeria pronta ad esplodere. E così è stato.

Ora la palla passa a Pechino, con tutti i dubbi del caso sull’intervento statale anche in questa diatriba, autorità che non può più ignorare il caos generato da un modello di crescita, specie da quello di BYD, fin troppo aggressivo. Il Ministero dell’Industria ha convocato un incontro urgente con i principali costruttori, chiedendo ufficialmente la fine della guerra dei prezzi. Sarà sufficiente per riportare ordine in un ecosistema ormai in ebollizione?