In Italia, sono in arrivo gli incentivi auto e commerciali elettrici 2025: questo paralizza le vendite, in quanto i bonus si introducono in silenzio, senza annunci. Ma il problema è più profondo. Ci sono quattro pericoli di caos burocratico.
Primo: incentivi auto e commerciali elettrici 2025, con data finale vicina
In ballo ci sono 597 milioni di euro, che il ministero dell’Ambiente aveva destinato alle preziosissime colonnine di ricarica veloce. Siccome il bando è andato deserto, ecco il flop. Allora questi quattrini sono stati presi e usati per gli incentivi alle vetture green. Tuttavia, siccome sono soldi europei dal Piano Nazionale Ripresa Resilienza, sì dovuto attendere l’ok di Bruxelles. I denari devono essere spesi entro il 30 giugno 2026.
Questa data rappresenta il termine ultimo per la rendicontazione degli investimenti previsti dal PNRR. I fondi, inizialmente destinati alla rete di ricarica elettrica, sono stati rimodulati per incentivare l’acquisto di auto elettriche (e la rottamazione di veicoli più inquinanti). Insomma, i 597 milioni vanno fatti fuori in meno di un anno, sempreché arrivi l’ok in tempi rapidi da parte della macchina burocratica.
Secondo: mille vincoli
Si penserà: le elettriche con lo sconto vanno a ruba. Sì, se ci fosse libertà. Ma qui abbiamo mille vincoli.
1) ISEE forse sotto i 30.000 o i 40.000 euro.
2) Residenza nelle aree funzionali. Quali? Da definire. Probabilmente, aree individuate per particolari necessità o caratteristiche: zone con più inquinamento o con maggiore necessità di transizione ecologica. Chissà. Si va sul difficile: robe da tecnoburocrati in stile UE.
3) Obbligo di rottamazione di un veicolo (forse di classe fino a Euro 4 inclusa).
4) Tetto di listino di 40.000 euro, è presumibile.
Morale. Il rischio: come non li hai spesi per le colonnine veloci, magari non li spendi neppure per le elettriche. D’altra parta, se hai l’ISEE basso, pensi al pane, alla sopravvivenza. Poi chissà un giorno penserai all’auto elettrica se ti avanza qualche spicciolo e se ti danno un finanziamento. Difficile però trovare una banca che dia un prestito senza le garanzie necessarie. Che potrebbe essere una delle questioni alla radice a nostro giudizio delle vendite scarse.
Aree funzionali: cioè?
Nel mistero delle aree funzionali, andiamo a naso. Forse zone critiche per la qualità dell’aria come grandi agglomerati urbani. O incentivare l’acquisto di veicoli elettrici per facilitare la circolazione in aree dove i veicoli a combustione sono sempre più limitati: si pensi alla legnata anti Euro 5 diesel in Padania dal 1° ottobre 2025 che azzoppa un milione di persone. O aree con infrastrutture di ricarica esistenti o in via di sviluppo. O zone a reddito più basso o con particolari esigenze socio-economiche. L’aggiunta di un ulteriore vincolo geografico, se non ben definito e facilmente verificabile, può introdurre strati di complessità nella fase di domanda e controllo: cresce il caricone burocratico per cittadini e amministrazione. Fra l’altro, quasi tutti i criteri favoriscono il Nord Italia.
Terzo: il mischione auto con commerciali
Nel calderone abbiamo auto elettriche e veicoli commerciali elettrici (leggeri). Quindi, l’apparato amministrativo deve fare i conti con due canali, due programmi di incentivazione, due modalità di erogazione, magari due piattaforme. Senza dimenticare che magari i paletti delle auto sono differenti da quelli dei commerciali. Oltretutto, si va di fretta. La scadenza del 30 giugno 2026 è alle porte, sicché non si ha modo per un bel tavolo lunghissimo organizzativo con tutti i burocrati.

Quarto: poche colonnine
Le infrastrutture di ricarica veloci sarebbero servite per davvero. Del primo bando per 5.000 colonnine in città, ne sono state finanziate 1.400 (fonte Unrae). Perché? Misteri della burocrazia. Erano quattrini europei del PNRR. Peccato. Perché mai una persona con ISEE basso dovrebbe comprare un’elettrica sapendo che le colonnine veloci pubbliche su strada sono poche e non ha i soldi per la wallbox? Inoltre, il costo del pieno elettrico è una mazzata senza precedenti: c’è poca concorrenza fra operatori.