Il destino dell’industria auto europea si gioca nel 2025: allarme rosso lanciato dal presidente di Stellantis John Elkann e dall’amministratore delegato di Renault Luca de Meo, in un’intervista congiunta al quotidiano francese Le Figaro. “Quest’anno per la prima volta la Cina produrrà più dell’Europa e degli Stati Uniti messi insieme. Il 2025 è un momento cruciale”, dice Elkann. Gli fa eco de Meo: “Il livello attuale del mercato è un disastro, c’è in gioco una questione strategica anche per gli Stati, il settore rappresenta 400 miliardi di entrate fiscali in Europa”. Pertanto, diminuzione del PIL, delle entrate per l’erario e un aumento della disoccupazione, con ripercussioni su tutta l’economia europea.
Quindi, Europa al bivio. O rimarrà un polo significativo per la produzione di vertture o diventerà semplicemente un mercato di consumo. Sfamato dai cinesi. Un Dragone superiore per mille motivi, sottolineiamo noi a commento: sostegno statale, sviluppo di una catena di approvvigionamento nazionale completa, forte attenzione alla produzione di veicoli elettrici BEV e ibridi plug-in, energia a prezzi ragionevoli, manodopera con costi bassi.
Caso unico
Il rampollo della famiglia Agnelli fa notare che il mercato auto europeo è in declino ormai da cinque anni: l’unico grande mercato globale che non è tornato ai livelli pre-Covid. È quasi un crollo: lo scorso anno in Europa (nei 27 Stati membri, nel Regno Unito e in Svizzera) sono stati venduti 15 milioni di veicoli, rispetto ai 18 milioni del 2019. Al ritmo attuale, il mercato potrebbe più che dimezzarsi nel giro di un decennio.
Elkann: cercasi velocità nelle decisioni
No incentivi, ma velocità, ecco cosa domanda il numero uno di Stellantis. “Quello di cui abbiamo bisogno – spiega Elkann – è rapidità decisionale e certezze. Non chiediamo aiuti, ma solo che ci lascino lavorare, innovare e portare alla gente i veicoli più puliti e anche accessibili, che desiderano e di cui hanno bisogno. In Europa, discutiamo con Stati che purtroppo hanno poco margine di manovra e una Commissione Europea che ha poca capacità di agire. In Cina, negli Stati Uniti e nei Paesi emergenti, stanno costruendo politiche industriali forti”. Il presidente di Stellantis ricorda che “Francia, Italia e Spagna sono i Paesi più interessati: le loro popolazioni sono gli acquirenti di auto i cui prezzi sono aumentati, e ne sono anche i produttori. E insieme pesano più della Germania in termini di produzione. È importante che questi Paesi facciano della promozione della loro industria la loro priorità”.
Molto interessante il passaggio: Commissione Europea che ha poca capacità di agire. In effetti, aggiungiamo, c’è il Trilogo, come Consiglio e Parlamento UE: occorre mettere d’accordo 27 Paese e decine di rappresentanti di lobby. In parallelo, la Cina è scatenata e viaggia come un fulmine: la crescente produzione non è destinata solo al consumo interno, coi marchi del Regno di Mezzo che stanno espandendo le loro esportazioni anche verso i mercati europei, intensificando la concorrenza per i produttori europei consolidati nel loro stesso territorio.

Nessuna nostalgia
Il capo del Gruppo euroasiatico difende la gamma dell’azienda. “Non crediate che siamo nostalgici del XX secolo – prosegue Elkann -. Siamo industriali del XXI secolo, capaci di offrire al maggior numero di persone una gamma di prodotti completa, dal tutto elettrico all’ibrido e al termico di nuova generazione, come dimostrano i prodotti che abbiamo lanciato di recente: Citroën C3, Fiat Grande Panda, Peugeot 300”.
E sull’elettrico aggiunge: “Abbiamo 250 milioni di veicoli in circolazione, vecchi e inquinanti. Il vero impatto ambientale lo si ottiene sostituendo questi con tecnologie varie e sostenibili”.
Luca de Meo: regolamentazione differenziata
“Quello che chiediamo – afferma de Meo – è una regolamentazione differenziata per le piccole auto. Ci sono troppe regole concepite per auto più grandi e più costose, il che non ci permette di fare piccole auto in condizioni accettabili di redditività Tutti i Paesi del mondo che hanno un’industria automobilistica si organizzano per proteggere il loro mercato, tranne l’Europa”. Quindi ancora UE nel mirino, dopo le parole di Elkann.
Il top manager italiano chiede all’Europa di continuare “a mettere intorno allo stesso tavolo regolatori, industriali e scienziati per elaborare le future norme. Così come è scritta, la direttiva 2035 induce un mercato dimezzato. Perché bisogna essere chiari, il mercato non compra quello che l’Europa vuole che noi vendiamo.
Sostituire la totalità dei volumi attuali con l’elettrico, in queste condizioni, non ci riusciremo”.
Anche perché l’Europa è molto divisa, facciamo notare: troppo variabili in base alla zona fattori come la disponibilità di infrastrutture di ricarica, i prezzi dell’elettricità e l’accettazione dei consumatori. I Paesi del Nord Europa sono leader, mentre quelli del Sud e dell’Est rimangono indietro: l’Italia è fanalino di coda. È un Vecchio Continente che dipende da Pechino in fatto di materie prime critiche e produzione di batterie, settori in cui la Cina detiene una posizione dominante. Questo crea vulnerabilità in termini di sicurezza dell’approvvigionamento e fluttuazioni dei costi, influenzando la competitività della produzione europea di full electric.
Ragionamento numerico
Il discorso di de Meo è semplice: ci sono troppe regole concepite per auto più grandi e più costose, il che non ci permette di fare piccole vetture in condizioni accettabili di redditività. Non è possibile trattare un veicolo di 3,8 metri come uno di 5,5 metri. Il sovrapprezzo è lo stesso su una piccola auto che su una grande berlina. Questo erode una buona parte del margine della piccola auto.
Poi il riferimento agli Adas, gli aiuti elettronici alla guida sempre più sofisticati imposti per legge. Domanda retorica di de Meo: certi Adas sono necessari su auto che passano il 95% del loro tempo in città? “La mia R5 deve reagire (nei crash test) come una berlina di alta gamma il cui cofano è tre volte più lungo in caso di urto frontale. È fisica. Dovrei fare un cofano in tungsteno?”. Tra il 2015 e il 2030, il prezzo di una Clio aumenterà del 40%. Di questo aumento, il 92,5% è dovuto alla regolamentazione.
Le tre proposte di de Meo
Regole valide solo per nuovi modelli, leggi “a pacchetti”, non una al mese, uno sportello unico in Commissione UE. “Oggi ci sono almeno cinque direzioni generali che si occupano d’auto, spesso con strategie contraddittorie: una vieta le PFAS, l’altra impone le batterie che le contengono”.
Il top manager insiste sulla neutralità tecnologica e su una nuova metodologia per il calcolo delle emissioni: non più solo dal serbatoio alla ruota (lo scarico), ma sull’intero ciclo di vita del veicolo. Così cambierebbe la gerarchia tra grosse auto elettriche e piccoli veicoli ibridi o a benzina. “Non è questione di essere contro l’elettrico o contro il 2035. Serve flessibilità, adattabilità, visione a lungo termine”.
Renault e Stellantis: situazione particolare per de Meo, mentre i tedeschi fanno storia a sé
Renault e Stellantis, che detengono una quota di mercato combinata del 30% in Europa, si concentrano principalmente sulla produzione di auto a prezzi accessibili in Europa, per i consumatori europei, dice il dirigente 57enne. Ma le Case automobilistiche premium, come BMW, Mercedes e alcuni marchi del Gruppo Volkswagen sono maggiormente concentrate sull’export. In definitiva, per queste tedesche l’Europa conta, ma la loro priorità è l’export. “Negli ultimi 20 anni, la loro logica ha dettato le regole del mercato. E il risultato è che le normative europee fanno sì che le nostre auto siano sempre più complesse, sempre più pesanti, sempre più costose, e la maggior parte delle persone semplicemente non può più permettersele”.
Paradosso elettrico
Inoltre, siamo in presenza del paradosso elettrico. Le Case devono vendere tante full electric e poche termiche (o nessuna) per evitare 16 miliardi di multe UE sulle emissioni di CO2. Ma hanno margini di profitto bassissimi: investono massicciamente nell’elettrificazione, nello sviluppo di nuove tecnologie e nell’adeguamento delle loro catene di approvvigionamento, il tutto in un contesto di concorrenza sui prezzi più intensa. L’alternativa è comprare crediti green proprio dalla Cina o da un altro nemico della sinistra UE: Musk di Tesla.
Altre fusioni?
In passato, dopo l’uscita di Tavares dal Gruppo euroamericano, si parlava di fusione Stellantis-Renault, con de Meo a capo del mega colosso in grado di competere meglio contro i cinesi. Sia come sia, magari potremmo assistere a qualche consolidamento nel settore automobilistico, con acquisizioni volte a condividere i costi di sviluppo e a creare economie di scala.