Documenti ufficiali dell’Unione Europea parlano di uno stanziamento pubblico di 1,8 miliardi di euro a favore della costruzione di tante Gigafactory europee: fabbriche UE dove fare batterie per combattere lo strapotere cinese nel settore degli accumulatori. Magari da piazzare dentro le future E-Car. L’annuncio – dato con una certa enfasi nei contenuti – viene ripreso con toni trionfalistici da numerosi media compiacenti che si limitano a fare il copia e incolla di quanto arriva da Bruxelles. Nel modo più obiettivo possibile, cerchiamo di analizzare questa inedita strategia europea nel mentre che l’auto termica stravince nel Vecchio Continente, sbranando le BEV che nessuno vuole.
Gigafactory europee anti Cina con 1,8 miliardi di euro: le nostre considerazioni
- A spanne, con 1,8 miliardi di euro, forse – se ti attivi oggi e completi il progetto per fine 2025 – ci fai mezza Gigafactory decente. Non è uno stanziamento per un’invasione di fabbriche europee di batterie UE per combattere la Cina. Detta in termini più semplici, è come avere in mano 1,8 euro e pretendere di alloggiare in un hotel a sette stelle a Dubai: al massimo, trovi posto su un materasso nella zona sud di Milano. È un’avventura fantozziana.
- Non c’è un costo unico per una Gigafactory come si deve. Entrano in gioco fattori, tra cui la capacità produttiva, la tecnologia utilizzata, l’ubicazione. Per la Tesla Gigafactory in Nevada sono serviti 5 miliardi di dollari con capacità produttiva di 105 GWh annui. È questo il modello da seguire per fare concorrenza al Celeste Impero. La Gigafactory in Ungheria di CATL ha richiesto un investimento di 7 miliardi di euro. Allora, secondo noi, per una sola Gigafactory moderna UE, si gira sui 30 miliardi di euro.
- Volendo, puoi scendere di prezzo. Ma così non sei più ultra competitivo contro la Cina. Bisogna decidersi su cosa si vuole fare da grandi. O essere forte e combattivo contro il Paese della Grande Muraglia, o scimmiottare i cinesi facendo tutto in piccolo innanzi al loro strapotere tecnologico.
Quanti soldi servono
- Per costruire una rete di Gigafactory in grado di sostenere una strategia industriale su larga scala contro il Dragone, servono grosso modo 600 miliardi di euro a nostro avviso per fare 20 Gigafactory. È quel famoso Piano Marshall per l’auto elettrica di cui Draghi parlò un anno fa. A distanza di 12 mesi, l’ex banchiere parla sostanzialmente di fallimento. Occorre capire fra altri 12 mesi, ossia a due anni dal discorso, se avremo un secondo flop.
- Urge una filiera produttiva completa, che includa l’estrazione e la lavorazione delle materie prime, la ricerca e lo sviluppo, e la produzione su larga scala. Vanno piazzati quattrini anche per sviluppare il know-how e formare il personale.
- I 27 Paesi membri sono diffidenti l’un dell’altro e tendenzialmente litigiosi: è un condominio dove gli inquilini sono colmi di rancore. Davvero in un contesto del genere è immaginabile una battaglia di Gigafactory anti Cina?

Problema gas ed elettricità
Dopodiché, prima o poi, va affrontato il dramma del costo dell’energia stellare in Europa: gas ed elettricità boom da quando non compriamo più come prima l’oro blu dalla Russia, che era di elevatissima qualità e di bassissimo prezzo. A quanto pare, in base all’accordo UE-USA, acquisteremo petrolio e GNL in quantità immense dagli States: gas di qualità nettamente inferiore e dal prezzo enormemente superiore. Non apriamo una scomoda parentesi sulle tecniche di estrazione dell’oro nero in America, straordinariamente inquinante, perché è un altro discorso. Qui ci preme evidenziare che le Gigafactory sono super energivore: necessitano di elettroni in dosi apocalittiche. Con spese immense. Senza dimenticare che o si è verdi o non lo si è: la Tesla Gigafactory di Berlino è detestata dagli iper ecologisti, anche perché necessità di acqua in proporzioni gigantesche. Se l’UE vuole la rete di Gigafactory anti Cina, dovrà scegliere una via poco gradita agli estremisti green.