Oggi l’ira delle concessionarie auto italiane si abbatte sul Dialogo Strategico UE: il presidente Federauto Massimo Artusi critica aspramente l’esito del vertice del 12 settembre 2025. Per capire di cosa si parla, partiamo da una premessa. Un gigantesco punto di domanda incombe sull’auto europea dopo l’incontro UE-Case: nessuno ha capito le intenzioni della Commissione presieduta da Ursula von der Leyen, nessuno sa cosa sia la E-Car (se elettrica o ibrida o a benzina) né chi metterà i soldi né quando arriverà né con quali ecobonus né dove ricaricarla visto che le colonnine veloci sono poche e distribuite male.
Le concessionarie auto italiane sul Dialogo Strategico UE: prima metafora
Artusi utilizza una metafora: non c’è peggior sordo di chi non vuol sentire, non c’è peggior muto di chi non vuol parlare. Perché? La Commissione (sorda) ha assicurato che sosterrà la creazione di un segmento di piccole E-Car, mentre i costruttori (muti) hanno continuato a invocare più infrastrutture di ricarica e più incentivi per l’acquisto. Zero novità rispetto alla richiesta, anticipata dall’Acea (lobby Case) alla vigilia, di un approccio politico pragmatico, più flessibile e tecnologicamente neutrale alla decarbonizzazione del trasporto stradale.
Federauto e la seconda metafora: sul manovratore
Un incontro a due: Case-UE. I concessionari sul territorio sono più a contatto di tutti con i cittadini europei e costituiscono un segmento della filiera indispensabile a far funzionare il sistema. Eppure, dice Federauto, “vengono sistematicamente evitati dalle consultazioni dai decisori di Bruxelles”. Come recita l’antico, sgradevole cartello sui mezzi pubblici di una volta: non disturbare il manovratore.
Contraddizione
Prima l’esecutivo di Bruxelles ha insistito sul rafforzamento della leadership europea nel settore dei veicoli elettrici, sull’accelerazione dell’innovazione nei veicoli autonomi, sul rafforzamento dell’industria europea di produzione di batterie. Poi ha detto: “Combineremo la decarbonizzazione con la neutralità tecnologica”. Le due cose sono in contraddizione. O tutto elettrico o neutralità. Prima o poi, in un qualche Dialogo Strategico (ce ne sono stati già quattro, inutili), qualche risposta facile e concreta, un sì o un no, verrà fuori.
“Anche la maggiore attenzione promessa su furgoni e camion, separandone il destino dalle automobili – ha evidenziato Artusi – è ancora vaga e inconsistente. A fronte di percentuali di mercato irrisorie in questi due settori”, si è in presenza di “grossolana ignoranza sul funzionamento e sulla strumentalità di questi segmenti”.

Ma la lobby Case auto Acea cosa dice?
L’Acea concorda con la Commissione sul fatto che siano necessarie azioni coraggiose e rapide. Si è impegnati in questo dialogo aperto e costruttivo per trovare un modo migliore di diventare più ecologici. Nessuno ha più interesse nel successo della mobilità a emissioni zero delle Case. L’Europa deve semplicemente mantenere le promesse su tutti i fronti: decarbonizzazione, competitività e resilienza della catena di approvvigionamento. L’Acea accoglie con favore l’intenzione di sviluppare un’impresa comune per la ricerca e l’innovazione nel settore automobilistico. Ma restano alcuni aspetti da chiarire, chiosano le Case. Magari – aggiungiamo noi – nel quinto incontro, nel 2026.