Gigafactory: batterie europee, telecronaca di un disastro 

Il panorama industriale europeo sta vivendo una delle fasi più paradossali della sua storia recente: mentre il flop elettrico è evidente, si parla ancora di Gigafactory per batterie UE.
northvolt northvolt

L’Europa diabolicamente persevera con le Gigafactory per batterie. Il panorama industriale europeo sta vivendo una delle fasi più paradossali della sua storia recente: mentre il flop elettrico è evidente, si parla ancora di fabbriche per accumulatori. Che saranno consegnati a chi? Nessuno lo sa, in quanto le BEV sono sostenute politicamente e dai media green con il doping km zero e bonus (a carico della collettività). Non ci si schioda dal 15%, mentre si vorrebbe arrivare al 100% per il 2035 di macchine a corrente vendute. 

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Adesso c’è una prima retromarcia UE, che dice: no al ban totale 2035 del termico. Ammesso un 10% purché con acciaio verde (caro come il demonio). Proclamare che l’Europa sia il luogo ideale per produrre batterie e veicoli elettrici non è solo un errore di valutazione.

Naufragio Gigafactory 

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Abbiamo provato a raccogliere i cocci dopo la memorabile sconfitta sul campo. Ecco lo stato dell’arte dei tentativi di produzione in Europa (e in Nord America sotto egida occidentale)

  • Northvolt (Svezia e Germania): l’icona del fallimento europeo. Con un passivo mostruoso di 5,8 miliardi di euro, l’azienda ha cancellato l’impianto di Borlänge in Svezia, ha messo in pausa il progetto tedesco Northvolt Zwei e sta faticando a completare il ramp-up della sede principale di Skellefteå.
  • Britishvolt (Regno Unito): bancarotta, fine ai sogni britannici di sovranità energetica nel settore.
  • Italvolt (Italia): progetto ufficialmente cancellato.
  • ACC (Italia e Germania): la joint-venture tra Stellantis, Mercedes e TotalEnergies ha stoppato per ora i siti produttivi di Termoli e Kaiserslautern, segno di una domanda che non decolla e costi insostenibili. Per il futuro, si vedrà. 
  • Blackstone e Svolt (Germania): progetti cancellati. La Germania doveva essere il cuore pulsante delle batterie europee.
  • Farasis Energy (Germania): cancellato.
  • InoBat (Slovacchia): la produzione a piena capacità è stata posticipata di almeno un anno.
  • Innolith (Svizzera): pausa.
  • AMTE Power (Regno Unito): cancellato.
  • ABEE (Romania): cancellato.
  • Ford (Stati Uniti): una riduzione del 40% delle dimensioni della propria fabbrica di batterie.
giagfactory batterie auto spagna

L’inebriante profumo della Spagna

Stellantis con la cinese CATL punta sulla Gigafactory spagnola. La questione è diversa. Uno: il leader planetario delle batterie – orientale – scende in campo. Due: la Spagna ha detto no ai dazi UE anti BEV Made in China. Tre: l’energia costa poco in terra iberica. D’altronde, qui arriva tanto gas russo: soluzione intelligente per tutti.

Novità anche per il Gruppo Volkswagen. Con la produzione delle prime celle unificate “Made in Europe”, PowerCo SE ha avviato la gigafactory di Salzgitter nei tempi previsti. Le celle saranno consegnate ai brand per i test finali su strada. Il loro debutto è previsto per il 2026 sui modelli Volkswagen, Skoda e Seat/Cupra della famiglia di BEV compatte. Salzgitter fungerà da stabilimento di riferimento per le gigafactory PowerCo a Valencia (Spagna) e St. Thomas (Canada), che seguiranno e che saranno tutte basate sul concept standard di PowerCo.

Gap incolmabile con Pechino

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Produrre batterie è un processo ad altissima intensità energetica. In Europa, il costo dell’energia è il 158% più alto che in Cina. In un mercato globale dove i margini sono risicati, un divario così diviene un muro. Fanno eccezione Ungheria e Spagna, adorate non per nulla dai cinesi. Qualcosa in Germania, specie se dietro ci sono tanti bei soldini statali. Infine, non possediamo materie prime critiche come litio, cobalto e terre rare. Né abbiamo la capacità di estrarle e raffinarle a costi competitivi.