L’Italia in Stellantis? Costerebbe una fortuna: ecco quanto

M Magarini
Quanto costerebbe l’ingresso dell’Italia nel capitale azionario di Stellantis? La cifra stimata dagli analisti è da capogiro
Ufficio Stellantis

L’idea di un ingresso dello Stato italiano nell’azionariato di Stellantis è tornata a circolare negli ultimi giorni, alimentata da diverse proposte e suggestioni. Benché affascinante, l’idea cela potenziali insidie. Pertanto, occorrerà ponderare sia i pro sia i contro dell’operazione, onde evitare di prendere iniziative avventate. In veste ufficiale, John Elkann, leader della holding Exor, ha più volte detto “no” all’idea. Eppure, vi è l’impressione che non si dica fino in fondo la verità. Altrimenti il ministro delle Imprese, Adolfo Urso, eviterebbe di ventilare l’idea sul nascere.

Quanto costerebbe l’ingresso dell’Italia in Stellantis

Stellantis Carlos Tavares

Secondo quanto comunica l’onorevole, il nostro Paese potrebbe anche valutare l’idea, se Stellantis glielo proponesse in maniera esplicita, senza troppi giri di parole. I tira e molla poco si addicono all’esecutivo, che, pertanto, intende mettere le carte in tavola e parlarsi con totale trasparenza. Qualora l’operazione andasse in porto, lo farebbero soltanto a due condizioni: la reciprocità e un prezzo di mercato equo.

Alla pari di quanto già accade con la Francia, l’ingresso avrebbe senso esclusivamente se produzioni importanti venissero localizzate lungo lo Stivale. Considerarlo un semplice canale di vendita è un’eventualità rifiutata a priori.

Per quanto riguarda il secondo aspetto, Urso ha messo in chiaro che l’Italia non pensa a concedere regali. Ergo, pagherebbero le quote a un valore equo, stabilito dal rapporto tra domanda e offerta. In caso contrario, i fondi preferirebbero destinarli altrove, ad esempio verso una seconda potenza automotive. Nel frattempo, l’amministratore del conglomerato, Carlos Tavares, ha esortato a stanziare maggiori sussidi per la transizione ecologica. Altrimenti, il CEO minaccia un pesante ridimensionamento degli impianti localizzati sul territorio.

Stellantis

Il primo grosso ostacolo all’accordo è costituito dal costo dell’operazione. Infatti, il pareggio della quota del governo transalpino, pari al 6,09%, attraverso BpiFinance, occorrerebbe sborsare circa 4 miliardi di euro ai prezzi attuali, stimano gli analisti di Banca Akros. Una cifra non indifferente, specie in un contesto di criticità economiche e di debito pubblico elevato. Da Equita sottolineano come la voce sia un tema ricorrente, pronto a tornare puntualmente d’attualità in ogni occasione. E considerano improbabile che gli attuali azionisti accolgano in termini favorevoli la proposta.

Un deterrente riguarda proprio la governance di Stellantis. La società è già frutto di una fusione complessa e delicata tra Fiat Chrysler Automobiles (FCA) e PSA. L’ingresso dell’ennesimo “peso massimo”, quale lo Stato italiano, andrebbe a complicare ulteriormente la gestione societaria, potenziale causa di potenziali conflitti di interesse e rallentando il processo decisionale.

Sulla base del contesto economico, delle implicazioni di governance e delle possibili resistenze altrui, una valutazione ponderata e realistica è quantomai essenziale al fine di compiere una scelta di campo avveduta sia nell’interesse della Nazione sia delle prospettive della sua industria dei motori.

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