Germania con le mani nei capelli. Dopo che i Verdi l’hanno trascinata nell’avventura dell’auto elettrica, dopo che l’Unione europea ha imposto il bando termico 2035, si fanno i conti con la realtà. A luglio 2024, solo 30.762 full electric immatricolate con una discesa negli inferi del 37% su luglio 2023. La fetta di torta è sempre più tragicamente minuscola: 13% contro il 20% del 2023. L’auto elettrica costa tantissimo e dà indietro pochissimo. Scarsa autonomia. Valore residuo a picco. L’auto non riparte, governo tedesco senza ossigeno: la doppia crisi di Berlino. La fiducia dell’automotive precipita, mentre per la prima volta un sondaggio assegna alla coalizione di maggioranza addirittura meno consensi dell’opposizione.
No bonus, no elettrico
Senza incentivi statali, l’auto elettrica viene detestata. I Verdi con le loro elettriche vanno a picco in Germania. Hanno brutalmente perso anche in Ue. Per ora, la von der Leyen regge, per un pugno di voti. Ma bisogna vedere che accade adesso che l’auto elettrica non dà indietro i soldi alle Case. Ha stufato: c’è tanta nostalgia di vetture pratiche, comode, facili, ossia termiche a benzina o diesel, o ibride classiche. La mobilità che fa sorridere. Si è voluto lasciare la strada vecchia parlandone male chissà perché, mentre era la regina assoluta. Fra pochi mesi, elezioni federali in Germania: può esserci la rivoluzione. Con riflessi anche in Ue. I barcollanti Verdi con le loro auto elettriche resteranno a galla?
Eppoi i tedeschi come tutti gli altri abitanti in Ue fiutano il bluff: chi l’ha detto che l’elettrico è verde? Quanto inquina la produzione dell’elettricità? E quanto la batteria nel ciclo vita?
Poche colonnine
Manca l’ecosistema adatto (Tesla a parte). Le colonnine sono poche. Distribuite male. Lente. Tra il 2017 e il 2023 le vendite di auto elettriche nell’Ue sono cresciute tre volte più velocemente dell’installazione di punti di ricarica. In prospettiva avremo bisogno di un numero otto volte superiore l’anno entro il 2030: è quanto dice uno studio dell’Associazione europea dei produttori di automobili (Acea). Secondo la Commissione Ue entro il 2030 dovrebbero essere installati 3,5 milioni di punti di ricarica. Ma l’Acea stima che entro il 2030 ne saranno necessari 8,8 milioni. La velocità di ricarica è un altro problema importante, in quanto i punti di ricarica veloce (con una capacità superiore a 22 kW) rappresentano una frazione. Solo un caricatore su sette (13,5%) è in grado di effettuare il pieno al volo.
Sulle strade dell’Unione europea circolano circa 3 milioni di auto elettriche, con circa 75.000 stazioni di ricarica rapida pubbliche disponibili: questo si traduce in un rapporto di 30 Bev per ogni caricabatterie veloce. Per rapida si intende oltre 22 kW. Se si contano i veicoli elettrici ibridi plug-in (Phev), questo rapporto sale perfino a 52 auto per caricatore rapido.

L’illusione dei dazi
L’Ue pensa di risolvere coi dazi anti auto elettriche cinesi. A parte che il consumatore riceve solo schiaffi, con prezzi di listino più cari, comunque i profitti degli orientali sono enormi. E ci saranno le contromosse del Dragone, con la guerra commerciale.
Sul voto dazi Ue auto elettriche cinesi, c’è la dichiarazione congiunta stilata da una coalizione di decine di associazioni di categoria. Chiedono a Bruxelles una politica commerciale incentrata sull’apertura: non sulle barriere al commercio. Dall’Acea (auto) alla Clepa (componentistica), passando per Caobisco (cioccolato e biscotti), Ceev (vino), Cec (calzature). Fino a Cema (macchinari per l’agricoltura), Coceral (commercio di beni agricoli), Ebi (nautica da diporto), Eda (prodotti lattiero-caseari), Unafpa (pasta), Tie (giochi) o Unesda (analcolici). Tutti contro i dazi. Sì al mercato libero. Sarebbe opportuna anche la libera scelta dell’auto, senza imposizioni.