Torino è la città che più di ogni altra incarna il mito dell’automobile in Italia, non è difficile pensarlo, almeno stando all’immaginario comune italiano. Qui nel Capoluogo piemontese, è nata la Fiat, qui si sono sviluppati i grandi sogni a quattro ruote. Eppure oggi sembra quasi che l’auto venga trattata come un ospite scomodo.

Da un lato, si chiede a Stellantis di rafforzare la produzione e si organizza il Salone per celebrare la cultura motoristica, dall’altro si restringono strade, si moltiplicano le piste ciclabili e si allargano le zone pedonali. Insomma, la Torino dell’auto sembra sempre più una Torino rimasta a piedi.
Si è recentemente rilanciata l’idea di pedonalizzare un tratto importante nel centro della città. Sulla carta, un boulevard elegante e animato dalle vetrine dello shopping. Nella realtà, rischia di trasformarsi in un salotto un po’ spoglio, dove la bellezza architettonica potrebbe scontrarsi facilmente con il vuoto di iniziative. Non deve essere tutto perduto e la pedonalizzazione non può essere vista negativamente, specie in città dove l’inquinamento è a dir poco emergenziale. Ma la domanda rimane: come si concilia la Torino delle auto con una città che sembra volerle bandire?

Il paradosso, a questo punto, è evidente: si celebra (e si difende) il motore come simbolo del made in Italy, ma poi si condanna l’automobilista che intasa le vie del centro e sta in coda cercando di superare un’area chiusa al traffico per mille e uno motivi. A questo si aggiunge la sensazione, ben radicata tra i cittadini, che l’auto sia ormai diventata il bancomat delle amministrazioni: tra multe, autovelox e tasse sulla benzina, possedere un veicolo sembra più una punizione che un privilegio.
Nessuno mette in discussione il valore di spazi urbani più vivibili e verdi, ma non si può pensare al Green Deal come a una guerra di logoramento contro il settore automobilistico. Serve piuttosto una visione integrata, dove la mobilità sostenibile conviva con una produzione industriale forte, innovativa e soprattutto accessibile. Anche i costruttori, dal canto loro, dovrebbero smettere di inseguire soltanto la riduzione dei costi e le economie di scala, tornando a progettare auto che la gente desidera davvero, non soltanto per efficienza e profitto. Forse allora Torino potrà avere molto più per cui brillare, insieme a Saloni prestigiosi e spazi razionalizzati.
