Solo 18 mesi per un’auto nuova: la sfida lampo dei costruttori cinesi ai marchi storici

L’avanzata fulminea dei costruttori cinesi, capitanati da realtà emergenti come BYD, Chery e Zeekr, porta con sé nuove regole del gioco.
fabbrica Chery fabbrica Chery

Il dominio cinese, senza troppi studi di settore, sempre ormai incontrastato e diversificato in diversi ambiti dell’auto. Nel panorama globale, i grandi marchi tradizionali, dal colosso nipponico Toyota al brand storico Volkswagen, passando per l’americana GM, stanno continuando a guardarsi alle spalle con crescente preoccupazione. L’avanzata fulminea dei costruttori cinesi, capitanati da realtà emergenti come BYD, Chery e Zeekr, porta con sé nuove regole del gioco grazie a un mix esplosivo di rapidità, innovazione digitale e modelli produttivi agili.

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Un tempo considerate copie a basso costo, molte case automobilistiche cinesi hanno oggi accorciato i tempi di sviluppo da una media di 60 mesi a soli 18 mesi per lanciare un nuovo veicolo sul mercato. Un risultato sbalorditivo, che mette in discussione i processi tradizionali dell’industria automotive occidentale, spesso bloccata da procedure lente, test infiniti e burocrazia interna.

BYD fabbrica veicoli cinesi
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L’approccio cinese si ispira a quello delle startup tech: sviluppare un prodotto “abbastanza buono”, lanciarlo velocemente e migliorarlo strada facendo, sulla base del feedback dei clienti. È la filosofia del “fail fast, fix faster” tipica della Silicon Valley, ora applicata al mondo dei motori. E funziona.

Un caso emblematico è quello dell’Omoda 5 di Chery, riprogettato per l’Europa in appena sei settimane. Ci sono stati quindi miglioramenti immediati su sospensioni, freni, sterzo e trazione. Il tutto pronto per la distribuzione, con un’efficienza operativa che ha lasciato perplessi i concorrenti occidentali.

La vera forza dei costruttori cinesi risiede nella digitalizzazione e nell’uso massivo dell’intelligenza artificiale. Aziende come Zeekr attingono a database storici per ottimizzare i componenti, testano virtualmente ogni dettaglio e tagliano i tempi eliminando i prototipi fisici. Geely, ad esempio, utilizza sistemi “hardware-in-the-loop” e simulatori avanzati per convalidare componenti in tempo reale.

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BYD è un’altra storia di successo. Produce internamente il 75% dei componenti, riducendo i tempi di approvvigionamento e migliorando la flessibilità. La sua forza lavoro, composta da circa 900.000 dipendenti, più di Toyota e Volkswagen messe insieme per intenderci, lavora con ritmi elevati, sostenuta da una cultura aziendale altamente orientata all’efficienza. A questo si aggiunge una struttura gerarchica snella, che permette decisioni rapide. Dove una modifica può richiedere mesi in Europa, in Cina può essere implementata in giorni.

BYD fabbrica

I costruttori cinesi, così, ora dominano il proprio mercato interno, che è il più grande al mondo. Dal 2020 al 2024, la quota di mercato delle auto domestiche è salita dal 30% a oltre il 50%. E ora, forti di questo slancio, puntano all’espansione globale. Nel solo 2024, Chery ha esportato oltre 1,1 milioni di auto in 100 Paesi, pari a quasi la metà delle sue vendite complessive. BYD, dal canto suo, mira a vendere il 50% dei suoi veicoli all’estero entro il 2030.

Le barriere commerciali rappresentano qui un ostacolo, con dazi europei e divieti statunitensi che provano a frenare la corsa dei rivali cinesi. Ma anche qui, le contromosse non mancano con joint venture locali o stabilimenti avviati direttamente dove i dazi colpiscono le esportazioni.

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