Bancarotta fornitori tedeschi per l’auto elettrica: il virus della paura contagia l’Europa

Aumentano i fallimenti dei fornitori in Germania tra auto elettrica e mercato debole: il virus della paura contagia l’Europa. Non gli USA di Trump, che si è mosso per tempo.
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A distanza di sei anni dal Green Deal auto elettrica 2019, ora si assiste a una sequela di fallimenti dei fornitori auto tedeschi, con chiusure e disoccupazione, come riporta Autonews. A nostro giudizio, il virus della paura contagia la cancelleria germanica, con Merz (vedi il cavallo di Troia) che vuole le ibride anche dopo il 2035, vari Paesi UE e gli USA di Trump. Molte lobby verdi vi parleranno di semplici coincidenze temporali. Sarà. Ma dopo 100 anni di eccellenza col termico, Germania ed Europa comandavano grazie a propulsori a benzina sempre più puliti, e l’indotto prosperava.

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Ora molti decisori politici dei Paesi UE hanno paura della crisi, della disoccupazione, dell’instabilità sociale: questo alimenta il fronte del no al ban termico. The Donald ha giocato d’anticipo, intuendo lo tsunami: via il mandato elettrico di Biden, occasione d’oro per Stellantis e altri Gruppi europei che hanno tantissimo da dire sul termico.

Bancarotta fornitori per l’auto elettrica: cosa accade

  1. L’annuncio di ZF Friedrichshafen di eliminare 7.600 posizioni si aggiunge ai problemi dell’industria tedesca dei fornitori. Se c’è il calo della domanda di componenti per motori a combustione interna e se l’elettrico è un flop (c’è solo il doping delle km zero anti multe), non se ne esce. 
  2. Vedi i 13.000 tagli Bosch dopo precedenti sforbiciate. 
  3. Continental ha annunciato a febbraio l’intenzione di eliminare 3.000 posti di lavoro nella sua divisione di ricerca e sviluppo automobilistico come parte di una ristrutturazione che include lo spin-off dell’unità automobilistica per concentrarsi sulle divisioni più redditizie di pneumatici e business industriali.
  4. Un altro importante fornitore tedesco, Schaeffler, sta tagliando il 3% della sua forza lavoro di 120.000 dipendenti, con le riduzioni più significative in Germania.
  5. Includendo le perdite di posti di lavoro presso Volkswagen, Audi e Porsche, si prevede che l’industria automobilistica tedesca cancelli 100.000 posti di lavoro entro il 2030, secondo un’analisi di Bloomberg. La stima è fatta oggi. Poi bisogna vedere cosa dirà una seconda analisi nel 2026, quando le condizioni peggioreranno parecchio: non c’è un Piano Marshall per l’elettrico, e questo è il risultato.
  6. I fallimenti tra i fornitori tedeschi sono in forte aumento, con un incremento del 30% nel 2025 rispetto al 2024, dice la società di consulenza Falkensteg. Con l’effetto slavina sui subfornitori e su tutto quanto a sua volta ruota attorno a quelle realtà.
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La Cina è lontana

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Ci sarebbe la Cina, dove l’elettrico fa boom grazie a colonnine veloci ovunque e prezzi dell’energia ragionevoli, la concorrenza con i fornitori locali è troppo forte per i tedeschi e per gli altri. 

Una speranza chiamata ibride PHEV

ZF interromperà lo sviluppo di prodotti legati alle BEV e sposterà gli investimenti su tecnologie che includono le trasmissioni ibride plug-in PHEV ed EREV (ibride ad autonomia estesa). Ecco perché la Germania di Merz preme per le hybrid. Una partita politico-economica pesantissima, coi verdi costretti a rimangiarsi tutto, per il timore di perdere consenso e poltrone. Che scossa, quest’elettrica. L’amministratore delegato di ZF, Mathias Miedreich, ha affermato che il fornitore sta riducendo gli investimenti nelle BEV: la transizione verso le auto completamente elettriche sarà probabilmente più tardiva di quanto pensassimo qualche anno fa, dice.

Servirebbero finanziamenti per sostenere la ripresa. Cercasi banca che vuole mettere sul piatto qualche euro in un contesto dove la legge impone il solo elettrico dal 2035, e in cui il costo dell’elettricità astronomico azzoppa un settore energivoro come l’automotive BEV con le sue Gigafactory.