Il gigante cinese BYD fissa il target: nel 2025 le esportazioni rappresenteranno il 20% circa delle sue vendite globali, con 800.000 o anche un milione di veicoli consegnati fuori dalla Cina su un totale previsto di 4,6 milioni di unità, dice la Reuters. Questa percentuale è significativamente in aumento rispetto al 10% del totale del 2024 (4,26 milioni di consegne). Si tratta di macchine NEV, a nuova energia: BEV elettriche e PHEV termiche ricaricabili. Il desiderio delle aziende del Dragone è trovare spazio fuori dal Celeste Impero, dove c’è la guerra dei prezzi.
Il mercato interno cinese è saturo e in fase di rallentamento della crescita, tanto che BYD ha abbassato il suo target di vendita totale. L’Europa, con il suo forte impegno per l’elettrificazione, diventa un mercato di sfogo e crescita essenziale per i costruttori cinesi con capacità produttiva in eccesso, intensificando ulteriormente la pressione competitiva sui costruttori locali.
BYD scatenata con l’export: perché le Case europee dovrebbero temere il peggio
La spinta all’export, supportata anche dalla flotta di navi cargo immense da trasporto di BYD, rappresenta un problema per le Case automobilistiche europee per diversi motivi chiave, legati principalmente alla concorrenza sui costi e alla quota di mercato. I cinesi hanno una netta superiorità sui costi di produzione in particolare grazie alla loro leadership nella catena di fornitura delle batterie. E la loro tecnologia è superiore. Questo permette loro di proporre sul mercato europeo veicoli elettrici a prezzi di listino nettamente inferiori rispetto a modelli equivalenti prodotti in Europa. Ci sarebbero per le BEV i dazi UE voluti dalla Francia di Macron (ora alle prese con guai tremendi per le politiche economiche verdi), ma fanno poco, anche perché i cinesi aggirano tutto costruendo in Ungheria o esportando dalla Thailandia o proponendo le PHEV.
L’invasione che erode quote di mercato
L’obiettivo di BYD di esportare fino a un milione di veicoli significa un aumento massiccio della presenza di veicoli cinesi in Europa e fuori. Pertanto alla fine l’UE è paralizzata dal flop elettrico, con un futuro incerto fatto di E-Car (automobiline a piletta). L’invasione erode progressivamente la quota di mercato dei produttori europei. Con penetrazione in ogni segmento, dalle piccole alle medie sino al lusso. Le Case europee stanno investendo miliardi di euro nella transizione verso l’elettrico, un processo costoso e complesso. Ma l’arrivo di concorrenti cinesi con prodotti a basso costo e tecnologicamente avanzati rende la competizione più aspra.

Risposta debole e insensata
L’UE pensa a incentivi mirati al made in Europe o un controllo più severo sugli standard di sostenibilità e provenienza dei componenti: siccome tutto l’elettrico è cinese, diviene impensabile un bonus su misura per l’UE. Infatti la stessa Francia alle prese col superdebito aveva pensato all’agevolazione molto europea, ma sarebbe il caso di non seguire le politiche economiche di nazioni per le quali si parla di bancarotta.
Servirebbe piuttosto un Piano Marshall colossale per le BEV europee, con la verticalizzazione della catena del valore nel settore batterie, e l’accelerazione dello sviluppo di piattaforme elettriche native più efficienti e meno costose, mentre in parallelo si costruiscono colonnine veloci ovunque a prova di ladro.