In occasione del Green Deal auto elettrica 2019, le Case UE hanno seguito l’indirizzo della Commissione europea, e ci si trova ora nei guai, tanto che si chiede una retromarcia: adesso, chissà se i costruttori scavalcheranno finalmente la burocrazia sulle colonnine di ricarica, che sono sono poche, lente, distribuite male, spesso ko per i ladri di oro rosso. Servono stazioni come l’ossigeno sia per le BEV sia per le PHEV.
Il numero totale di punti di ricarica pubblici in Europa si aggira tra i 630.000 e circa 900.000 a seconda della metodologia di conteggio e del momento in cui il dato è stato rilasciato. Cioè la metà in quanto colonnine: due prese a stazione.
Colonnine di ricarica veloci: serve il proprio network
Nonostante regolamenti come l’AFIR (Alternative Fuels Infrastructure Regulation) cerchino di imporre requisiti minimi di copertura e potenza (soprattutto su autostrade e reti stradali principali, come i target di potenza minima per veicolo immatricolato) a partire dal 2025, i tempi della politica e della pubblica amministrazione sono biblici. Le regole sono tante, cavillose e belle: i fatti pochi.
Ogni Casa dovrebbe proporre il proprio network di ricarica, come ha fatto con intelligenza Musk: si vedano le Tesla Supercharger. Urgono stazioni ultrafast con app funzionanti al volo. In più, sorveglianza h 24, anche persone in carne e ossa a vigilare, contro i furti di rame. Mai più cavi tagliati. Le telecamere servono a poco o nulla: i ladri – come quelli di auto e scooter – agiscono a volto coperto. E le immagini sono di pessima qualità, specie di notte.
Guerra ai ladri di cavi (e di auto)
Ci si deve decidere: o si spinge per BEV e PHEV a tutta, con investimenti fortissimi, o la Cina vincerà per sempre. Infatti BYD sta pensando a caricatori velocissimi in UE. La burocrazia elefantiaca che paralizza i Paesi UE va scavalcata: inutile attendere che siano gli Stati a piazzare punti di ricarica efficienti.

Mentalità vincente
In parallelo agli hyperchargers, servono minicolonnine per la ricarica notturna senza obbligo di spostare l’auto a fine carica. Sì anche a bonus delle Case per le wallbox con cambio di contatore. Il cliente va messo nelle condizioni di amare la BEV, come in Cina. Oggi l’europeo sta alla larga non dalla macchina elettrica ma dal contesto di quel mezzo: è tutto scomodo, fatto su misura per complicare la vita. Ultimo passo, batterie UE superperformanti che si ricaricano in 10 minuti.
La lobby costruttori auto Acea stima che per raggiungere gli ambiziosi obiettivi di riduzione di CO2 e garantire l’adozione di massa, la UE avrà bisogno di circa 8,8 milioni di punti di ricarica entro il 2030. Per centrare questo target, sarebbe necessario installare circa 410.000 punti di ricarica all’anno (o quasi 8.000 a settimana), un tasso che è molte volte superiore all’attuale ritmo di installazione annuale (3.000 a settimana nel 2023). Ci vuole un cambio di mentalità: l’abbandono dell’attesa per l’intervento pubblico, dimostrando la leadership tecnologica e infrastrutturale che l’Europa ha sempre rivendicato nel settore automobilistico.