Il governo Meloni – tramite il ministero dell’Ambiente – ha annunciato a maggio 2025 un programma di rinnovo del parco circolante con veicoli a zero emissioni, rivolto alle fasce di reddito più basse, con un fondo di 597,3 milioni di euro. Sono quattro pasticci all’italiana.
Incentivi auto elettrica 2025: poker poco digeribile
1) Quel denaro andava speso per i bandi delle colonnine di ricarica, sicuramente più utili: sono poche e lente. Ma i bandi sono andati deserti.
2) I bonus sono stati annunciati senza essere ancora pienamente definiti. Il rischio è quello di una paralisi della domanda. Nessuno compra elettrico: tutti attendono gli sconti statali, giustamente.
3) La proposta del governo italiano deve superare l’esame del Parlamento e della Commissione Europea. Con vari paletti: rottamazione, ISEE, residenza in aree funzionali, microimprese. Soldi da spendere in un anno. Lasso di tempo troppo breve.
4) Come fa notare l’Unrae Case estere, è uno schema difficilmente modificabile, vista la sua presenza nella relazione sulla revisione del PNRR inviata alla Commissione Europea.
Misteri ministeriali
Sino a ieri era il ministero delle Imprese a fissare gli incentivi auto: il titolare Adolfo Urso a inizio 2025 li ha definiti “inutili”. Stop ecobonus per l’acquisto di vetture nuove, disse. Idea tradotta con un emendamento alla legge Bilancio 2025: zero effetti significativi sulla produzione, efficacia limitata. Con tanto di metafora: è come “svuotare un oceano con secchielli”. Evidenziò come governo avrebbe potuto concentrare gli sforzi su altre misure per favorire la mobilità sostenibile, come l’infrastrutturazione della ricarica elettrica. Adesso, il ministro dell’Ambiente toglie i soldi alle colonnine e li mette negli incentivi auto. Fra l’altro, al Tavolo Automotive siedono proprio i capi dei due dicasteri. A altri soggetti non consultati per gli ecobonus 2025. Ma allora il Tavolo serve davvero a qualcosa?
La soluzione semplice c’era: detraibilità IVA
Sarebbe stato forse più opportuno destinare tali risorse alla revisione in chiave green della fiscalità delle auto aziendali, intervenendo su detraibilità dell’IVA, deducibilità dei costi e periodo di ammortamento, considerata la scadenza della Delega fiscale fra tre mesi, dice l’Unione dei costruttori esteri. Le flotte aziendali, con il veloce tasso di rotazione dei veicoli, consentono d’immettere sul mercato del nuovo e dell’usato un numero consistente di vetture a zero o bassissime emissioni.
Cosa disse Salvini nel 2019
“Mi impegno a mettere tutta l’energia possibile per passare dal 40 al 100% di detrazione IVA sulle auto aziendali”. Disse l’allora ministro dell’Interno e vicepresidente del Consiglio, Matteo Salvini, all’Automotive Dealer Day del 2019. “È un momento storico in cui bisogna avere coraggio. Non vale il classico detto meglio un uovo oggi che una gallina domani. Ci vuole visione a medio e lungo termine per puntare le proprie fiches”. All’epoca, si fecero due conti.

L’ipotesi di detrazione al 100% prevedeva un costo di 1,5 miliardi in tre anni per le casse dello Stato, generando benefici per una totale copertura finanziaria della manovra: 100.000 auto vendute in più rispetto alla situazione attuale (stima Federauto). Siccome ogni unità immatricolata genera un valore di 6.000 euro per l’erario, le nuove entrate avrebbero toccato quota i 600 milioni l’anno (1,8 miliardi nel triennio). “Detassare oggi mi porta, come Stato, a incassare di più domani”, ebbe a evidenziare Salvini.
Oggi, a maggio 2025, siamo punto e a capo. Anzi peggio, perché attualmente i bonus elettrici annunciati paralizzano le full electric in Italia: la questione meridionale dell’Europa.