Audi in crisi (Gruppo VW, con un futuro tutto da decifrare) può fare cassa vendendo Italdesign. Che è l’ultima leggenda automotive torinese. C’erano una volta Bertone e De Tomaso (Pininfarina è dell’indiana Mahindra); adesso i tedeschi in difficoltà pare mettano sul mercato la storica azienda di design automobilistico, nata sotto la Mole. Una leggenda totale, un mito assoluto, un’iconica azienda di car design e ingegneria fondata nel 1968 da Giorgetto Giugiaro e Aldo Mantovani. La notizia è confermata ai rappresentanti sindacali interni (Rsu). Chi compra? Qualche cinese pieno di soldi mentre l’Europa annaspa nel suo assurdo Green Deal auto elettrica? O forse una multinazionale dell’ingegneria?
Italdesign: dalla VW Golf prima serie una sfila di successi straordinari
È un momento triste per l’Italia automotive, che perde identità: Italdesign è un marchio che ha partorito un’auto spartiacque come la VW Golf prima serie, berlina più imitata al mondo. Eppoi la sublime Alfetta, ma anche la favolosa Lancia Delta. Notevole l’Audi 80. Cinematografica in ogni senso la DeLorean dello scienziato pazzo e geniale di Ritorno al Futuro, senza dimenticare la Lotus Esprit. La Design Valley che sfornava capolavori. Adesso, ci stiamo abituando a veicoli anomali con forme strane, spinti da una batteria. Così vuole la politica di Bruxelles.

Quattrini cercasi
D’altra parte Audi, che dal 2010 controlla Italdesign attraverso Lamborghini, non è nel suo momento migliore. Fra i cinesi che sono devastanti sia nel Celeste Impero sia in Europa, con la transizione verso l’elettrico che fa spendere montagne di soldi, con gli Adas obbligatori a rendere costose e inavvicinabili le elettriche dal design improbabile, chiaro che si sarebbe arrivati a tagli necessari per incamerare quattrini. Lo stesso Giugiaro ha detto alla Stampa: “Che dolore vedere in vendita la mia Italdesign. C’è stata troppa fretta sull’elettrico”
Ma come va Italdesign?
Col CEO Antonio Casu, i ricavi del 2023 hanno toccato i 145 milioni di euro, con un utile di circa 20 milioni. Attivi di 286 milioni e l’azienda ha premiato i dipendenti a Natale con un bonus da 600 euro. Target: 300 milioni di fatturato. Quindi, Italdesign è appetibile e ha mercato. Siccome l’85% del business è a Volkswagen, si dovranno confermare le commesse tedesche. Dipende anche dai desideri di VW: quando le cose girano male, è uno tsunami per tutti.
Sindacati impauriti
Di solito, è la Cina che fa shopping, divorando con un assegno le capacità cui si è giunti dopo 100 anni di esperienza in Europa. Inevitabili e comprensibili le profonde paure dei sindacati. Fiom e Fim hanno convocato per lunedì prossimo un’assemblea con tutti i lavoratori nella sede di Moncalieri. Ci sarà un incontro il 19 maggio, a cui parteciperanno anche IG Metall e un delegato dell’Unione Industriali di Torino. “Siamo molto preoccupati – afferma Gianni Mannori, Fiom Cgil Torino -. Ancora una volta, nei momenti di crisi, i gruppi tedeschi sacrificano aziende fuori dai propri confini. È l’opposto di quanto fatto da Fiat, che ha spesso tutelato le fabbriche estere prima di quelle italiane. Italdesign è un fiore all’occhiello del nostro territorio. Non può diventare una pedina sacrificabile”. Samuele Lodi, segretario nazionale Fiom-Cgil, esprime “la più netta contrarietà. Lo storico centro di progettazione rappresenta un’eccellenza italiana del gruppo tedesco che, come tale, va mantenuto unito e ulteriormente valorizzato. La Fiom-Cgil metterà in campo ogni azione per non disperdere questo polo di ingegneria e progettazione, e lo farà anche nel rapporto con i sindacati tedeschi. Non si pensi di scaricare la crisi di Volkswagen sui lavoratori italiani”.
Incubo spezzatino
Italdesign – azienda solida e redditizia – diviene pedina sacrificabile. Un asset per avere respiro. Come dice Gianni Mannori della Fiom Cgil Torino, “Italdesign rappresenta un’eccellenza che rischia di finire nelle mani sbagliate o di essere smantellata”. Dall’incommensurabile creatività italica di Giugiaro e dei suoi collaboratori al rischio spezzatino: una società venduta molto bene pezzo per pezzo, questo intendono i sindacati. Uno smembramento industriale.