La Cina accusa la Germania per gli incentivi auto patriottici

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Battaglia automotive fra Cina e Germania. Alcuni esponenti del governo tedesco hanno una paura: gli incentivi auto elettriche e ibride plug-in stanziati da Berlino possono finire nelle tasche dei costruttori orientali. Infatti, il bonus viene incassato dal consumatore teutonico che compra la BEV e la PHEV vendute nel Paese europeo. Siccome il Celeste Impero è ultra dominante nel settore, ecco i timori dell’esecutivo. 

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Mentalità perdente della Germania green

Su Global Times, Pechino risponde che tutto questo ignora la realtà altamente interdipendente delle moderne catene di approvvigionamento. La vendita di un veicolo non significa un deflusso unidirezionale di fondi. Innesca un intero insieme di attività economiche locali, tra cui logistica, vendita, assistenza post-vendita, costruzione di infrastrutture di ricarica e servizi energetici. I vantaggi delle aziende cinesi nella tecnologia delle batterie e nel controllo dei costi forniscono oggettivamente all’Europa gli strumenti per ridurre i costi e aumentare l’efficienza nella sua transizione verde. In un sistema economico globale in cui tutti sono interconnessi, i flussi di capitale non sono un saccheggio, ma parte di un processo ciclico di creazione di valore. Questa la lezione alla Germania green, proprio quella che ha tanto voluto il Green Deal, di cui ora paga le amare conseguenze.

La qualità della Cina è un bene per tutti

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Considerare la concorrenza esterna come una minaccia alla sopravvivenza spesso oscura l’urgenza di affrontare i problemi strutturali durante un periodo di transizione. Questo approccio – dice la Cina – non aiuta a risolvere carenze reali come le capacità software, la fornitura di materie prime per le batterie e i costi energetici, e potrebbe anche far perdere alla Germania la finestra temporale per il proprio rinnovamento. Insomma, la qualità dell’auto cinese è un bene. Uno stimolo per l’economia. Pechino dice no ai muri: costruire barriere attorno a capacità produttive arretrate (che sono quelle tedesche) fornisce solo un temporaneo conforto psicologico, condannando chi viene protetto a perdere vitalità in un ambiente artificiale. 

Il futuro dell’industria automobilistica tedesca non dipende dal tenere fuori i concorrenti, ma dalla capacità di ritrovare lo spirito di rinnovamento sul nuovo binario e ricostruire vantaggi industriali genuinamente competitivi su scala globale, sostiene il Regno di Mezzo.

Serve cooperazione

Ci sono aziende cinesi di batterie che investono in fabbriche in Germania, Spagna e Ungheria, si è formata una comunità di interessi profondamente intrecciata all’interno dell’industria automobilistica Cina-Europa. Il mercato e la catena di approvvigionamento cinesi sono anche pilastri importanti che sostengono le strategie globali delle case automobilistiche europee. 

byd tang

Veicolo Made by China, non Made in China

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Inoltre, il ministro delle Finanze federale tedesco Lars Klingbeil ha espresso pubblicamente insoddisfazione per l’acquisto di autobus elettrici cinesi BYD da parte di Deutsche Bahn, invocando quello che ha definito un sano patriottismo locale. In realtà, dice la Cina, questi mezzi sono stati prodotti in una fabbrica ungherese, rendendoli a tutti gli effetti “Made in Europe”. Questo riflette una normale scelta commerciale nell’ambito della divisione globale del lavoro.

D’altra parte, se i cinesi fanno auto in Ungheria, Spagna e Turchia con energia low cost e senza pagare dazi, non infrange le regole. Questo è il capitalismo, con la selezione darwiniana tale per cui sopravvive il più forte. Una volta, con l’auto a benzina e diesel, vincevano gli europei. Adesso, siccome l’UE ha scelto l’elettrico, trionfa la Cina. Che non ha colpe se ce la siamo cercata.